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La rivoluzione del 2017

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Dopo i disordini politici del 2016 che avevano avuto come conseguenza l’allontanamento dello Zar Matteo 1° e l’instaurazione provvisoria del debole governo Gentilowsky, il Parlamento diede vita alla terza legge elettorale ciofeca in pochi anni, detta “Ad minchiam”.
Il partito d’opposizione bolscevico, guidato dal generale Von Grillin, decise però di preparare la rivoluzione, fissata per il novembre 2017. Rimettendo insieme la valorosa armata “peremeshivat” (Accozzaglia) che tanti consensi aveva raccolto nel dicembre del 2016, nominò comandante in capo Lev Maksim Dalemon, affiancato dal pluridecorato colonnello Bersanovich. Il responsabile dei soviet lumbard Salvinovich, venne ingaggiato per guidare la rivolta nel nord dell’impero.
A loro si aggiunsero, davvero a sorpresa, il deposto conte Gentilowsky, il diplomatico Von Letta di stanza a Parigi, e il patriarca Mattarellow, indispettito dal fatto che il suo discorso pronunciato il 31 dicembre 2016 non fosse stato recepito.
L’insurrezione ebbe quindi luogo il 7 novembre del 2017. I rivoltosi, guidati da Von Grillin, presero d’assalto il Palazzaccio d’inverno Chigi convinti che all’interno ci fossero lo zar, la zarina e la loro numerosa famiglia (ministri, segretari, sottosegretari e portaborse) ma con stupore e raccapriccio scoprirono che il palazzo era vuoto a parte una grande teca, in cui era conservato, ibernato e pronto alla bisogna il padre di Matteo 2°, Napolitaner, detto da tutti affettuosamente Re Giorgio.
La rivoluzione fallì quindi miseramente e la repressione dello Zar fu durissima. Von Grillin e i suoi seguaci dispersi nella Rete, Dalemon in esilio nel feudo di Gallipoli, Bersanovich alla pompa di benzina di Bettola. Salvinovich fu condannato a 100 anni di lavori forzati nei Campi Flegrei e a produrre latte per il sempre potentissimo governatore del regno lumbard “ChedueMaronwsky”.
Ma, per dare un contentino al popolo che aveva inneggiato alla rivoluzione d’ottobre, Matteo 2° decise di sacrificare, per amor di patria, tre fiori all’occhiello del suo nuovo, ennesimo governo.
Il ministro Von Poletti fu spedito a spalare neve o letame, a seconda dell’urgenza, in Siberia, attorno a uno straordinario edificio appena costruito e battezzato “Erasmus”.
Alla ministra dell’istruzione Valeriovna Fedelovna venne inibito l’accesso a tinture per capelli e condannata a portare il suo colore naturale a vita.
Mentre al giovane e promettente ministro del salto della corda e del lancio del disco nonché dell’aria fritta, Von Lottovich, vennero pubblicamente tagliati i boccoli unti e bisunti. Condannato, anche lui a vita, a rasarsi il cranio ogni santo giorno.
Abolito l’euro e introdotto il “voucher” come moneta ufficiale, il governo dello Zar Matteo (ormai 3°) proseguì nel suo fulgido cammino e ancor oggi, anno di grazia 2057, è saldamente in sella. E, visti i precedenti, ci toccherà aspettare almeno fino al 2089 per assistere, forse, al crollo.

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COSTANZA FIRRAO

Nata a Bari nel 1953, è sposata e ha due figli. Vive a Milano dal 1990. Collabora negli anni ’90 alle pagine culturali di alcuni quotidiani locali ed è stata traduttrice dal francese per riviste bilingue. Ha curato vari siti e blog. E' appassionata di cinema e letteratura.

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