Cinquant’anni sullo stesso pianerottolo e “Buongiorno” “Buonasera” e poco altro (“Saluti alla signora” “Complimenti, che bella bambina!” “Per il riscaldamento… ne parliamo all’assemblea”). Il cappello sollevato con distinzione, nel saluto; il cenno educato con il capo. Mai una stretta di mano o una conversazione più confidenziale.
Poi una moglie va via, un’altra muore, i figli crescono, si sposano, si trasferiscono.
Due anziani soli in due appartamenti contigui: uno con la memoria che ormai lascia buchi orrendi (a volte consolanti, altri paurosi) e lacrime che scorrono senza ricordare perché; l’altro senza più speranze, aspettative, o attese di qualcosa (qualunque cosa) o qualcuno, abbandonato a misurare la lunghezza delle giornate, risolvibili in un unico, esasperante istante.
Due estranei, che non sanno dividere neppure l’ultima solitudine.