Il narcisismo è un disturbo della personalità caratterizzato da ostentazione di potere o ricchezza, sfruttamento delle persone, esagerato senso di superiorità, bisogno di essere ammirati, autostima ipertrofica, assenza di empatia, presunzione. Così lo definisce il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) dell’Associazione Psichiatrica Americana. Il 75% delle persone diagnosticate come narcisiste sono uomini. Le donne narcisiste sono limitate dagli stereotipi femminili, dalla bassa autostima e ipersensibilità emotiva.
Il bullismo narcisistico è verbale (minacce ripetute di fare del male), psicologico (emarginare per poter attuare vendette), fino all’aggressione fisica, come strategia violenta per acquisire una posizione dominante. Il narcisismo unito al bullismo è un fattore di rischio elevato fra ragazzi e uomini, non fra ragazze e donne. I ragazzi sono incoraggiati ad usare l’aggressione diretta, fisica e verbale, mentre le ragazze devono limitarsi a sfogare l’aggressione in forme indirette e meschine (pettegolezzi e maldicenze).
Scrisse per primo di narcisismo Sigmund Freud con il saggio “Introduzione al narcisismo” (1914), traendo il termine dal mito greco di Narciso, un giovane che s’innamora della propria immagine specchiata in un lago, ed è incapace di amare altri che se stesso. Cinquant’anni dopo, Erich Fromm riprese il concetto di narcisismo individuale per applicarlo a gruppi sociali idealizzati: partiti politici e movimenti nazionalisti. Il narcisismo di gruppo nacque, secondo Fromm, dopo la prima guerra mondiale, che schiacciò l’Europa fino a far sentire gli uomini delle nullità impotenti. Molti trasferivano il proprio narcisismo ferito sulla nazione sconfitta e, identificandosi, diventavano parte di qualcosa di più grande e potente. I leader narcisisti storici analizzati da Fromm (Hitler, Himmler, Stalin), incapaci di empatia, sadici contro il proprio popolo, vollero il controllo assoluto sulla vita altrui, fino a distruggerla. Fromm usò per loro il termine “narcisismo maligno”, “la quintessenza del male” (1964).
La percentuale di narcisismo patologico nelle popolazioni adulte (in Europa, Americhe, e altrove) oggi è stimata tra l’1 e il 4 per cento. I narcisisti non maligni sono al 6%. Queste stime sono dedotte solo dai pazienti diagnosticati. Restano perciò ignoti quelli non rilevati. Con la diffusione della TV e poi del Web, con i social media, il fenomeno maligno ha assunto dimensioni preoccupanti, che solo alcuni psicologi e sociologi hanno studiato in profondità. Riassumo in breve due tesi di ricercatori che, partendo dall’analisi di Fromm sull’uomo socialmente impotente e sconfitto, hanno colto il fenomeno del narcisismo nella sua esplosiva “cultura” di massa.
Nel 1979 il sociologo americano Christopher Lasch scrisse “La cultura del narcisismo”, in cui è esaminata la ricerca edonistica di realizzazione personale che schiva l’età adulta e le sue responsabilità. L’americano è descritto come un adulto immaturo che “nutre impulsi profondamente antisociali e crede segretamente che norme e regolamenti non si applichino a se stesso. I suoi appetiti sono senza limiti” e la sua pretesa di gratificazione immediata crea uno “stato di inquieto desiderio perpetuamente inappagato”.
Alla fine degli anni Settanta non esisteva ancora Internet, né i social media. Eppure Lasch percepì quel “senso dell’io che RECITA sotto il costante scrutinio di amici ed estranei”. I narcisisti si aspettano elogi e ricompense psichiche istantanee, anche se non hanno fatto nulla per meritarle, e provano rabbia e risentimento se non le ottengono. Lasch sostiene che i cambiamenti economici e sociali in America hanno prodotto una cultura che normalizza la patologia del narcisismo.
Tratti dominanti di questa cultura sono la paura della competizione, la superficialità e transitorietà dei rapporti personali, la tendenza alla credulità, l’attrazione per le celebrità e l’ossessione di essere famosi. Andy Warhol ironizzava su questa moda dilagante quando disse nel 1968: “Tutti saranno famosi per 15 minuti”.
La scarsità di posti di lavoro significativi si scontrava con le aspettative di successo e guadagno del mondo degli affari. Per un uomo senza successo e senza soldi non c’è autostima che tenga. “Sei un perdente!” è l’insulto più infamante. Lasch accusò i politici di essere palloni gonfiati, vanagloriosi e vuoti. “I movimenti politici esercitano una fatale attrazione per quelli che cercano di affogare il senso di fallimento personale in azioni collettive”.
I bambini cresciuti negli anni Settanta erano nutriti nella convinzione, diffusa fra i genitori, di essere destinati alla grandezza. Questi piccoli principi, lasciato il nido, scoprivano che la vita era brutale. Il ragazzo con sogni grandiosi affrontava il mondo senza le capacità necessarie per affermarsi. Chi non voleva accettare la propria deludente realtà, cominciava a vantarsi di capacità inesistenti, e mentiva per mantenere alta la stima di sé. Questa grandiosità egocentrica resiste a qualsiasi cambiamento, perché il narcisista non accetterà mai di essere un perdente, un uomo insignificante. “Coltivano fantasie di onnipotenza e una fede tenace nel loro diritto di sfruttare gli altri ed essere gratificati. Nel loro Super-io prevalgono elementi arcaici, punitivi e sadici”. (Lasch)
“Cronicamente annoiato, senza sosta in cerca di intimità istantanea, di eccitazione emotiva senza coinvolgimento e dipendenza, il narcisista è promiscuo. La cultura dell’individualismo competitivo ha portato all’estremo della guerra contro tutti; la ricerca della felicità ha portato al vicolo cieco della preoccupazione narcisistica per se stessi”. (Lasch)
Esiste questa competitività narcisistica anche fra gruppi estremisti e terroristi. Per fare proseliti, per finire in prima pagina e sui TG di mezzo mondo, gareggiano in efferatezza. Ad ogni Natale o Capodanno c’è un perdente solitario che punisce la folla in festa investendola a tutta velocità, e si conquista così un giorno o due di celebrità malvagia.
Un narcisismo collettivo è in atto oggi sotto il nome di populismo, e fa vincere le elezioni alle destre misogine e retrive di molti paesi, in Europa e nelle due Americhe. È stato collegato ai voti pro-Brexit in Gran Bretagna, al movimento anti-ambientalista in Polonia, e all’anti-europeismo in Ungheria. Caratteristiche comuni del narcisismo collettivo: sessismo, omofobia e pregiudizi contro gli immigrati.
Jean Twenge e Keith Campbell, due psicologhe americane, hanno pubblicato “L’epidemia di narcisismo” nel 2009. Hanno studiato la persistente “cultura giovanile” basata sulla ricchezza e l’intrattenimento, commercializzata per contrastare la paura di invecchiare: “la bizzarra adolescenza perpetua di molti adulti americani”. Tra le cause dell’epidemia, oltre ai genitori permissivi e alla cultura della celebrità, Twenge e Campbell considerano il Web come canale conduttore del narcisismo.
Quando un bambino affronta il mondo reale e scopre di non essere poi così speciale come i genitori gli avevano fatto credere per anni, va in tilt. Ciò spiega la depressione e la violenza tra i giovani maschi americani oggi. L’avvento dei social media ha creato ambienti favorevoli all’auto-promozione. Recenti analisi delle piattaforme hanno trovato alti livelli di narcisismo megalomane in chi usa i social con più frequenza.
Gli americani raccontano ai figli che potranno diventare Presidenti, ma è un’illusione crudele. Negli anni in cui un uomo è eleggibile per la carica, si svolgono non più di dieci campagne elettorali. La competizione è feroce, e senza finanziatori miliardari non puoi competere. Alle bambine conviene non dire questa parte del sogno americano, perché nessuna è mai diventata Presidente, per quanto fosse di gran lunga più capace e qualificata del suo avversario.
“La cultura americana è diventata più cattiva, più nichilista, e molto meno inibita di prima. Produce fasi alterne di cinismo e isteria”. (Eliot Cohen)
Una nazione armata fino ai denti, affetta da bullismo narcisistico e con un narcisista maligno al potere, è presagio di sventura. Hitler e Goebbels usarono la radio come mezzo imbattibile di propaganda tossica. Oggi i Goebbels planetari propagano odio e disinformazione attraverso i social media. È uno spettacolo impietoso di bullismo e sottomissione a cui assiste il mondo intero, dentro un Colosseo mediatico di vittime inermi, bestie feroci e, sugli spalti, un pubblico urlante che, con un pollice alzato o un pollice verso, dispensa violenza su presunti nemici.

Immagine di Psychology Fanatic
Bullismo Frustrazione Violenza
Analisi tremenda e, anche se vorrei che fosse esagerata, devo ammettere che è lucidissima.
siamo avvolti da una nuvola di odio astuto che produce paura e ne è la causa. Ritorna intatta e nuova, e viscida e splendente – dopo un secolo. La riconosco bene https://www.larivistaintelligente.it/epidemia-di-narcisismo/patrizia-tenda/
Sono palloni gonfiati. Gonfiati di veleno. Che ovunque scorre
… E dunque, quando finalmente ti capita una presidentessa del Consiglio, donna, ti dici: “Oh, finalmente, ecco che la storia trova la sua svolta.” Poi, accendi la televisione e senti tre minuti tre di dichiarazione della suddetta Presidentessa e capisci il giocattolo s’è già rotto.
hai ragione – in tutto – beh conoscendo la sua storia è comprensibile. Inoltre, se anche brutalità, narcisismo e misoginia siano patrimonio maschile, molte sono le donno che se ne sono imbevute…
Finalmente una voce chiara. Grazie. Torno nella mia riserva ( non del serbatoio).
hai ragione – in tutto – beh conoscendo la sua storia è comprensibile. Inoltre, se anche brutalità, narcisismo e misoginia siano patrimonio maschile, molte sono le donno che se ne sono imbevute…
c’è un profonda relazione tra danni del narcisismo nei rapporti familiari (che diventano distruzione psicologica metodica – in genere della moglie da parte del marito) e nella vita politica. Il narcisismo del leader si riflette nei punti deboli delle persone, seduce e affascina col le sue capacità comunicative avvolgenti – con la facilità nel mentire – produrre illusioni. In genere il leader narcisista usa molto il corpo, la mimica, i gesti – lo faceva molto bene Mussolini ai suoi tempi. Ma alcuni politici odierni non sono da meno
Molto interessante.
In sintesi: siamo mal messi.
Ineccepibile analisi che mi convince ancora di più della necessità di ribaltare il paradigma semplificatorio del vincente/perdente (il primo, appunto, narcisista e megalomane dominatore, modello da imitare) a favore del secondo, il più cauto “inetto” che tale non è perché forse è solo più attento alla vita, sua e degli altri, ben consapevole della finitezza di tutto e pertanto, nella “narrazione” attuale, inutile peso sociale della modernità con le sue discutibilissime “magnifiche sorti e progressive”.
E allora? Per quel poco ormai che la scuola può fare (è molto cambiata e ha fatto proprie le accattivanti chimere del presente), che provi a “sterzare” verso l’altra cultura, quella della mitezza e della realistica consapevolezza. Che provi a “normalizzare” chi bullo non è.
Insomma più Leopardi e Svevo, per esempio. Più ironia e pietà (per dirla con l’Anatole France de Il giardino di Epicuro).
Più Primo Levi con la sua lucidità capace di non semplificare mai, aiutandoci a smascherare le “zone grigie”.
Per un nuovo umanesimo del rispetto, della lentezza, della cultura, dell’otium contemplativo, del silenzio. Della pace
Ma sto sognando.
Molto interessante. Si può condividere?