Romanzo d’appendice – 4

TWO OF US

Gualtiero è ancora indeciso sul da farsi. L’arrivo dell’esaurito lo ha incuriosito e non è più così ansioso di andarsene. In quel preciso momento poi, l’imperscrutabile gioco del Fato decide di far risuonare nell’ingresso un leggendario fonema, capace da solo di oscurare l’intero, melenso finale della canzone di Ligabue: l’accordone iniziale di ‘’A Hard Day’s Night’’.
Dopo un attimo di perplessità, risulta chiaro ai presenti che lo storico suono proviene dal cellulare dell’esaurito, che in pochi secondi sta conquistando punti agli occhi di Gualtiero. Il quale, curioso e attento di natura, ha ormai accantonato il suo proposito di fuga e vuole saperne di più.
“ Noooooo ma che stai dicendo, che stai a dì, a Curzio? La ruota? Ma che è successo, spiegati che non ti capisco, stai calmo. Paul? Che c’entra Paul? Lo sai che sta a St. John’s Wood, no? Ancora? Calmati cazzoooo! Quanti morti? Quattrocento? Di più? Ommadonna. Ommadonna. Vabbè ti richiamo, ne parliamo dopo, domani, ciao ciao”.
Zippo si accascia, svuotato di ogni energia, su una poltrona Luigi XVI tappezzata in gros grain zebrato, bianco e nero con borchiette di un rosso coordinato al violento carminio delle tende che separano l’ ingresso dalla zona notte. Non si accorge nemmeno che Gualtiero gli si è avvicinato e, un po’ sommessamente, gli sta rivolgendo la parola.
‘’Ehm…’’
Silenzio.
‘’Ehm, scusa…’’
Silenzio.
Colpetti di tosse, schiarimenti di gola.
‘’Non volendo, davvero non volendo, ho ascoltato qualcosa, mi è parso di sentire che parlavi di Londra, di morti. Io mi chiamo Gualtiero, scusa. È…successo qualcosa di grave?’’
Zippo alza lo sguardo, inebetito. Per la prima volta inquadra il volto di questo sconosciuto che continua a fargli domande.
“Londra, sì. Una marea di morti. Hanno fatto saltare la ruota, sti bastardi. Paul è salvo. Credo.’’
“Occazzo. Ma chi è stato? Quanti sono i morti? Che succederà adesso? E perché Paul avrebbe dovuto essere sulla ruota?”
Zippo fissa il suo interlocutore con un’espressione che dovrebbe essere, nelle sue intenzioni, di perplessità inquisitoria alla Bruce Willis, ma che risulta nei fatti poco più che bovina. Si chiede chi sia questo soggetto, perché gli rivolga la parola in un momento così inopportuno, che cazzo voglia, in finale.
“Mah pare quattro, cinquecento, una carneficina. La ruota è distrutta e chi sia stato non lo so. Lo posso immaginare, però. Ma Paul chi, scusa?”
Gualtiero si sente preso in castagna, ha osato troppo.
“No, niente, una cazzata. Chissà perché ho pensato a Paul McCartney. Che poi abita vicino Abbey Road, tutt’altra zona.”
Zippo è confuso, quasi sbalordito.
“E’ quello che ho detto a Curzio, pari pari. No, calma, azzeriamo tutto. Curzio, l’amico mio del telefono, qui, è fissato coi Beatles. Pure io eh. Ma lui non è che ci sta tutto, con la testa, mi capisci? Ora non vorrei che pure te, cioè no, scusa, sto a sbarellà. Sono pure cascato col motorino, so’ bagnato fradicio e non so più quello che dico. Calma. Mi pare di capire che pure te coi Beatles ci vai a colazione, pranzo e cena, dico bene?”
“Dici bene sì. Ma adesso vatti ad asciugare, che poi facciamo due chiacchiere per bene. Ok?”
“Vado e torno”. (Continua)

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