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Emily Dickinson

Emily Dickinson parla di sé

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Questo è quello che ho
sono tutta lentiggini –
pensavo tu avresti prescelto
delle Guance in Velluto –
o piuttosto d’Avorio
tu quelle – e non Me.

271

Che cosa solenne – mi dissi
– essere bianca sarà
Indossarne – se Dio lo vorrà
l’intatto mistero.

E sacro – gettare una vita
nel pozzo splendente
che tanto leggera non torni
fino all’Eternità.


Mi chiesi – se è grande la gioia

a stringerla in mano
– o come un volare planando intravisto
in mezzo alla nebbia.

Allora – la piccola vita –
che piccola dicono i saggi
come Orizzonti mi gonfiò la camicia –
e “piccola” sogghignai piano – tra me e me. 

642

Di bandirmi da Me
fossi capace –
la mia Fortezza – sarebbe inespugnabile
sopra ogni Cuore.

Ma Io – assalto Me.
Come aver pace
se non sottomettendo
la Consapevolezza?

Poiché siamo Regine una per l’altra
come farò
se non così abdicando
Io – da Me?

704

Per ora – fa niente – Tesoro
ma quando sarò Conte
non pensi che vorrai aver parlato
alla scialba Ragazza?

Parole da nulla –
o un qualunque Sorriso non avermi concesso
non ti dispiacerà –
quando io sarò un Conte?

Lì – io non ne avrò bisogno
avrò Insegne –
Aquile sui Fermagli –
e sopra la Cintura –
d’Ermellino, il mio Abito da casa –
dì un po’ – Tesoro –
non pensi che vorrai aver sorriso –
precisamente – a me?

Traduzione originale di Giovanna Nuvoletti

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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