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Cinema

Venezia. The Lost Daughter

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La prima regia di Maggie Gyllenhaal

Dalla Mostra del Cinema – Dopo aver visto (fra gli altri) e apprezzato il claustrofobico (a regola d’arte) The Card Counter di Paul Schrader e Les Promesses di Thomas Kruithof (con Isabelle Huppert e Reda Kateb magnifici) sono appena uscito dalla visione di The Lost Daughter di Maggie Gyllenhaal – attrice statunitense figlia d’arte, qui al debutto come regista – ispirato molto liberamente a La figlia oscura di Elena Ferrante.
Il romanzo non l’ho letto, quindi parlo solo del film, che mi ha emozionato. Perché? La storia è quella di una donna americana di ascendenze italiane (Leda Caruso) alle soglie dei 50 anni che va in vacanza da sola in una piccola isola greca. La vicinanza in spiaggia di una famiglia numerosa la costringe – lei professoressa universitaria di letterature comparate – a interagire forzosamente e piano piano a entrare dentro le dinamiche di quel gruppo chiassoso e in parte anche volgare.
A porgere attenzione in particolare al rapporto fra una giovane madre e la figlia piccola. Questa visione le restituisce la memoria, rimossa, del suo tempo andato, quando lei, madre e moglie, si innamora di un collega e abbandona per tre anni il marito e le due figlie piccolissime.
La regia mette in scena Leda travolta dall’onda emotiva della memoria: si sfalsano così i due piani della narrazione e Leda giovane, in famiglia e con l’amante, si avvicenda, si accavalla e si scontra con la Leda matura sola sull’isola greca.
La memoria rimossa ritorna prepotente e dolorosa al punto da farle “mettere in scena”, in un certo senso, il proprio vissuto rubando una bambola, amatissima, alla bambina della giovane madre che le è accanto in spiaggia. E la tiene con sé, la coccola, l’abbraccia, la getta nella spazzatura, la riprende e alla fine la restituisce, rivivendo attraverso quell’essere inanimato il suo forse imperdonabile senso di colpa.
Il dramma che si trascina alla ricerca della bambola scomparsa ‘mima’ evidentemente la scomparsa di Leda dalla famiglia. Come mettere allora a tacere il senso di colpa per quel gesto ‘giovane’?

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