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Società

Only you

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Mia madre è diventata sorda all’età di 30 anni, prima che io nascessi.
Se chiudo gli occhi, la rivedo sola, imbevuta in se stessa, dentro al suono amplificato dell’apparecchio acustico che, molto probabilmente, ha deformato tutto il suo ” sentire”. Rendendolo un fischio continuo (a quei tempi erano apparecchi grossolani e “fischiavano” spesso).
Ha imparato a leggere sulle labbra ma si sentiva in trappola, ormai figlia di un Dio minore.
Poteva parlare al telefono ma non andare al cinema, con l’apparecchio acustico le voci erano storpiate. Poteva parlare al massimo con due persone, già la terza era “assemblea”. Le piaceva cantare, moltissimo. Diceva di essere intonata ma non lo era più, la sordità aveva sfalsato il tono della sua voce. Ancora oggi c’è una canzone che non mi è possibile ascoltare.
Sofferenza distillata: Only you dei Platters. Quante volte tornavo a casa e la vedevo seduta con l’orecchio incollato al giradischi, disperata nel cercare di “non perdere niente”. Occhi chiusi, dentro a un’espressione finalmente distesa, lontana. Beatitudine. Solitudine. La musica era altissima. Era dentro a Only-you. Non più solo tu. Aliante felice.
Io immobile dietro di lei, con la preoccupazione di muovermi, un gesto che la potesse distogliere dall’incantesimo di una fuga musicale che per quattro eterni minuti la strappavano dalla realtà.

Commento di Giovanna Nuvoletti

La madre di Anna Tumiati si chiamava Luisella Fiumi.

Era una giornalista, una scrittrice. Umorista? Molto di più. Scriveva su un “femminile”, Grazia. Parlava di costume, di famiglia. Piccole cose? Molto di più. Noi non ci siamo cascate.

Noi, le donne della mia generazione, l’abbiamo capita e amata. Abbiamo letto con occhi attenti Come donna zero e gli altri suoi libri. Forse anche noi come “donne” eravamo zero. Non siamo state casalinghe perfette, non siamo state le ombre dei nostri mariti. Abbiamo pagato la nostra ansia di libertà.

Per me, poi, Luisella è ancora più vicina. Il rombo, il ronzio, i suoni distorti, la bolla di paura e solitudine che la lesione all’udito ti porta li conosco benissimo, da dentro.

In più, ancora, vedo in lei una sorella di mia madre, la sua coetanea Adriana. Spiritosa, intelligente. L’ironia, la leggerezza, il sorriso distaccato che mascheravano un dolore senza fine.

Quindi, non sono obiettiva.

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