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Attualità

È COME LA FORMA DEL MIO CUORE

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Percorrevo i tornanti tra Valfabbrica e Casacastalda prima di fermarmi al semaforo della Osteria del Gatto. Ascoltavo “Shape Of My Heart”. Il tempo era mite. Non c’era traffico. Mi vedevo guidare sotto le gallerie fabrianesi della SS76. Erano scorrevoli come non mai senza i Tir. Non so come, ma tutto d’un tratto mi vedevo attraversare tutta la Vallesina, e a momenti Jesi era alla mia sinistra. Non vedevo l’ora di arrivare ad Ancona. La mia vecchia Volvo Bianca del 1990 si muoveva silenziosa e senza inquinare nonostante gli anni. Poi, percorrendo la ripida discesa verso Torrette, dopo aver scorto alla mia destra l’ospedale regionale dove lavorava mio fratello, e dove tuttora lavorano un po’ di amici, mi trovavo di fronte il mare. Anche qui, stranamente, non c’erano i camion che solitamente infrangono la sognata quiete dei palazzi del quartiere, riempiendo la strada che porta fino al porto di Ancona, tutti in fila, stracarichi di merce di ogni genere, lentissimi e senza frenare prima di fermarsi giù al semaforo. Tutti belli, puliti, e addobbati come se fossero giocattoli giganti. Per un secondo ho percorso tutta la Flaminia. Alla mia sinistra l’Adriatico era calmo e sui binari della ferrovia accanto non passava nessun treno. Ero contento di guidare nelle strade che mi portavano a casa. Non c’erano altre macchine. Era tutto pulito e calmo. Il cielo era azzurro poco prima del tramonto. Mancavano giusto pochi versi prima della fine della canzone di Sting. Non volevo aprire gli occhi mentre meditavo seduto in poltrona a Dubai.

È successo ieri al tramonto, e l’ho voluto condividere con voi.
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ANWAR SAFFI

Italiano di origine siriana. Cittadino del mondo. Nato due volte, a Damasco e in Ancona dove si è formato professionalmente. Si definisce un ponte tra l’Oriente e l’Occidente. Fuori dalle pagine scritte ha usato la parola per promuovere l’industria del mobile italiano nel Medio Oriente, ma non solo. Attualmente vive a Dubai, e semmai dovesse morire fuori dal Bel Paese, vorrebbe essere sepolto nel Cimitero di Tevernelle del capoluogo marchigiano, a testimonianza dell’amore eterno che ha per l’Italia, costruendo così l’ultimo mattone del ponte che lo ha visto ambasciatore di culture nonché sognatore.

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