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FIVE YEARS LEFT TO CRYING

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Five years left to crying, come dice in uno dei pezzi più belli e visionari. Sembra ieri, e invece è già un lustro che il mondo, almeno quello conosciuto, ha perso David Bowie. La nostra lunga storia d’amore comincia a casa di Alberto. Chi è, direte voi. Un amico che, pressoché unico a Roma e dintorni, portava pantaloni larghissimi, sul tipo di quelli che ha il Duke sul retro copertina di “Hunky Dory”. Era il 1972 e aveva un bel coraggio, Alberto. Colto da folgorazione, tornai da Londra sfoggiando una Tshirt gialla con Bowie nudo e androgino, versione Aladdin’s Sane. Le ironiche risatine si sprecarono, sulle italiche spiagge, ancora impreparate. Ma stava già cambiando tutto. La distanza tra Roma e Londra si accorciava ogni giorno di più e oggi, senza quasi accorgerci, siamo diventati europei. Tutti, anche chi non vuole che sia così ma la Storia non è che la puoi fermare.
Un po’ di merito è anche suo, dell’incredibile meccanismo del rock che affratella più di ogni altra cosa. Italiani, inglesi, francesi, tedeschi, spagnoli, polacchi, russi perfino, sappiamo chi sono stati il Major Tom e Ziggy Stardust. E cantando ci sentiamo uguali. Tutti Heroes, magari just for one day. Ashes to Ashes, David.
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