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Francesco, Obama, Castro Hasta la victoria

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1962 Crisi dei Missili a Cuba

Lapide posta a 50 anni dalla morte di Ardizzone

Nel 1962, da giovedì 25 a domenica 28 ottobre, si svolge, al teatro Piccinni di Bari il XVII congresso della Federazione giovanile comunista italiana; abbreviata, si diceva figici e veniva talvolta confusa con la Federazione Italiana Gioco Calcio. Era una organizzazione  seria e forte con 200 mila iscritti che aveva subito i colpi del 1956 ma era stata corroborata dal luglio ’60. Il termine figiciotti era ancora di là da venire; e non credo che allora sarebbe stato gradito.Racconta su l’Unità i lavori del congresso una firma nobilissima: Miriam Mafai.

Il  bloqueo, finito in questi giorni, con la normalizzazione delle relazioni fra Stati Uniti e Cuba, fu instaurato proprio 52 anni fa, nei giorni in cui si svolgeva quel nostro congresso, nei Thirteen Days che passeranno alla storia come la crisi dei missili.

Noi, giovani comunisti dei primi anni ‘60, ci mobilitavamo per la libertà dell’Algeria, contro l’assassinio di Lumumba, contro il franchismo; non per il Viet Nam, perché ancora non se ne parlava.

Qui, poi, c’era di mezzo l’imperialismo americano; nonostante fosse evidente la provocazione dei sovietici, che avevano installato missili a meno di 100 miglia dal territorio statunitense. Noi non eravamo filosovietici, eravamo tifosi; e la squadra nemica era per noi quella degli Usa, anche se ballavamo alla perfezione il rock’n’roll e ci abbracciavamo stretti quando cantavano i Platters.

Le navi sovietiche fanno rotta sul territorio libre de America, attese dalla flotta statunitense. Il mondo sta con il fiato sospeso.

Il 27 ottobre arriva la notizia che, in una manifestazione, è morto a Milano Giovanni Ardizzone, nostro compagno, schiacciato da una camionetta della polizia. Ci buttiamo in piazza, fra i giardinetti, a protestare e a piangere; prendiamo un sacco di botte.

Per qualche giorno sembrò che il mondo dovesse precipitare in una guerra nucleare. Poi prevalse il buon senso e tutto si sciolse, non senza strascichi polemici. Cuba, però, da allora restò “bloccata”; per responsabilità degli Usa, dell’Urss e anche propria.

Oggi, finalmente il blocco è finito. Sento un gran sollievo; il peso che da allora mi stava addosso, evidentemente era più grave di quanto mi rendessi conto. Penso che anche il compagno Ardizzone, da ieri, sia, almeno un po’, pacificato.

Nel 1962, a fermare l’umanità sull’orlo della catastrofe fu un grande papa, Giovanni XXIII. Oggi la gratitudine si volge a papa Francesco che ha avuto la forza morale e la lucidità diplomatica per portare l’affondo nel momento giusto.

Sono contento di essere vissuto abbastanza per vedere questo approdo. Ai due pontefici aggiungo, nel ringraziamento, Obama. Il suo bilancio presidenziale può essere – come dicono molti – non esaltante; a me basta già così. Fidel, i “compagni cubani” hanno fatto molti errori, compiuto ingiustizie, conculcato libertà e diritti umani. Sono colpe gravi, che l’orgoglio di un popolo fiero non può cancellare.

Hasta la victoria. Forse, la vittoria è questa.

 

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CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

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