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La solitudine del solitario

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Dispone le carte sul tavolo. L’accuratezza nel ripetere gli intervalli tutti uguali lo predispone a pensare che questa sarà la volta giusta. Scopre la carta, la guarda e l’appende alle altre.

Il disegno si compone: la solitudine ha file e colonne.

Poi indugia con la carta a mezz’aria, sfrega indice e pollice e la carta solitaria cade nel vuoto.

Rimescola le carte, dopo averle raccolte, e le dispone nuovamente, mal dominando il fastidio, come se il suo posto nel mondo dipendesse da quell’ultima carta che non si lega a nessun’altra e sciupa il gioco.

Se ricontasse le carte, si accorgerebbe che ne manca una, ma sarebbe una delusione troppo grande scoprire di aver perso tempo. Ripetere il gioco con la speranza che il miracolo, prima o poi, avvenga.

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SALVATORE RONGA

Nacque a bordo di un’isola nel golfo di Napoli, Ischia. Sbarcò raramente, così da poter attribuire al rollio ogni tormento esistenziale. Sperimentò varie forme di gastrite. Perse i capelli, ma non perse tempo a raccoglierli. Amò più di quanto i suoi amici sospettassero e odiò molto meno di quanto i suoi nemici avessero creduto. Venne alla luce il 13 luglio 1969 e da allora non fa che scrivere e riscrivere il suo epitaffio.

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