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Cultura

Hopper, Carver e il gioco del destino

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Edward Hopper - Second Story Sunlight (1960)

Come al solito, il caso ci domina. Discretamente, senza darlo troppo a vedere, per non offenderci e lasciarci l’illusione del libero arbitrio e tutto il resto.
Già, perché non è che lo abbia deciso io, di leggere la versione finalmente originale di quel fantastico libro che l’editor Gordon Lish aveva voluto titolare “ Di cosa parliamo quando parliamo d’amore” e che invece Raymond Carver aveva concepito come “Principianti”, proprio negli stessi giorni in cui mi sono finalmente deciso a visitare Edward Hopper in mostra al Vittoriano di Roma.
Voi direte “ Che stai farneticando, cosa vuoi darci ad intendere? Spiegati meglio, e subito, anche.”
Agli ordini.
E’ che il mondo di Hopper, le monadi isolate che popolano, si fa per dire, gli spazi sconfinati della sua America rurale e suburbana, dalla piccola Nyack a New York e poi fino a Cape Cod sono palesemente i genitori, i fratelli maggiori dei personaggi di Carver.
Un’umanità fissa, quella di Hopper, cristallizzata in gesti di sconvolgente solitudine però composta, senza reazioni inconsulte alla glaciale incomunicabilità che regna nel mondo visibile. Un destino accettato per quello che è. Trapela qua e là la tensione erotica di un gesto, di un’occhiata sconsolata in direzione di ciò che poteva essere e non sarà mai, l’inquietudine della normalità quotidiana.
Ciò che negli anni trenta, o quaranta, non poteva essere espresso compiutamente, Carver lo avrebbe fedelmente rappresentato nei decenni successivi: uomini e donne dell’America che non conta, ordinary people che comincia a bere per dimenticare i propri matrimoni falliti, a diventare violenta, a perdere il controllo di sé. A reagire al Grande Nulla della provincia americana, insinuatosi a poco a poco in anime invecchiate precocemente e colte in anticipo dal pennello magistrale di Hopper mentre ancora cercano di darsi un contegno, di concepire una tenue speranza nel futuro.
Quella che noi, nipoti di Hopper e figli di Carver, abbiamo perso ormai quasi in modo definitivo.
Andate a vederla, la mostra: c’è tempo fino al 12 febbraio di questo 2017 ancora misterioso.

Edward Hopper

Edward Hopper

 

 

 

 

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