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I nuovi italiani: Il Bangladesh

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La bandiera del Bangladesh è un cerchio rosso in campo verde

Qui in Italia abbiamo la netta, fastidiosa sensazione di stare stretti. La superficie a nostra disposizione è di circa 300.000 kmq di spazio, anche abbastanza montuoso, che dividiamo in 60 milioni di persone dal carattere spiccatamente individualista e dunque insofferente alla coabitazione.
Suscita in noi un senso di meraviglia, venato da un retrogusto di vago orrore, la scoperta che nella Repubblica Popolare del Bangladesh (গণপ্রজাতন্ত্রী বাংলাদেশ ) su un territorio pari all’incirca alla metà del nostro vive l’incredibile numero di 168 milioni di persone. Solo a Dacca, l’antica capitale, vivono non si sa come 15 milioni di bengalesi. Chittagong invece, città sconosciuta ai più, con un nome che sembra uscito dai romanzi di Salgari, conta più o meno gli stessi abitanti di Roma.
E a Roma, oggi meta come tutta l’Italia di un corposo movimento migratorio, il Bangladesh ha il volto triste e il tratto in genere non particolarmente socievole di tanti gestori, o presunti tali, di piccoli minimarket alimentari spuntati e diffusi con velocità virale in tutta la città, con prevalenza nelle zone centrali. La genesi di queste attività è un mistero metropolitano, sono in molti a ritenere che i “Bangla” siano l’anello terminale, il più debole di una catena che ha la sua origine altrove. Altrove, sì, ma dove? E’ chiaro che il gruppo di emigrati provenienti da un paese tra i più poveri al mondo non può avere la forza economica di aprire botteghe in Europa, per giunta in zone di valore pregiato. Per ora resta, appunto, un mistero.
Anche se chiacchierando con Saiful, presenza fissa dietro alla cassa del minimarket dove a volte compro il latte, sembra emergere una situazione meno nebulosa. I padroni delle mura sarebbero italiani, investitori in grado non solo di reggere economicamente le notevoli spese ma anche di ottenere i necessari permessi per aprire un numero così elevato di esercizi simili tra loro in zone di alto pregio.
Saiful, o chi per lui, tiene i prezzi alti. Sulla bottiglia di latte c’è un etichetta con scritto, a penna, 2,50 euro. Poi, a quelli del quartiere fa un congruo sconto, perché il pollo da spennare è sempre e comunque il turista, che compra a prezzo pieno.Fa impressione paragonare la sua espressione gentile, da working class guy emigrato per sopravvivere, col ghigno feroce dei figli di papà fondamentalisti che a Dacca, neanche due mesi fa, il 3 luglio 2016, hanno trucidato 20 persone (tra cui nove italiani) a colpi di machete in un ristorante.
“Erano tutti ragazzi con un livello di istruzione universitario, nessuno di loro proveniva da una madrasa”, dichiarò a caldo il ministro dell’Interno, Asaduzzaman Khan dopo la strage. Poi, le prime divergenze d’opinione nel governo. La premier Sheikh Hasina ed i suoi ministri escludevano la presenza dell’Isis o di Al Qaeda nel Paese, oggi invece Asaduzzaman Khan è più solo nel mantenere la questione entro i confini nazionali. Secondo lui il motivo per cui il fondamentalismo islamico è entrato nel Bangladesh “E’ una questione di moda”.
Speriamo passeggera.

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