Il giudice e la giurata

Xavier è l’austero presidente della Corte d’Assise di una regione francese. Chiamato in aula per un processo in cui un giovane padre è accusato dell’omicidio della figlioletta di pochi mesi, Xavier scopre che tra i giurati c’è una donna, Ditte, che anni prima lo aveva curato in ospedale dopo un grave incidente.

La corte” di Christian Vincent, è un film dai ritmi quieti in cui la torbida vicenda giudiziaria rimane sullo sfondo. In primo piano, la figura del giudice, opaca, se non fosse per quella brutta sciarpa color fiamma che ostenta intorno al collo. E per la toga rossa con l’ermellino che Xavier indossa durante le udienze. Non a caso il titolo originale è “Hermine”, ermellino.
Toga sotto cui il giudice potente e integerrimo che ha retto la Corte per anni infliggendo pene esemplari, nasconde la sua vera natura, sensibile e poetica.
E poi c’è Ditte, bella, impegnata nel suo lavoro di medico anestesista, che osserva con occhi nuovi il suo ex-paziente. Che entra in contatto con gli altri giurati e cerca di capire i meccanismi processuali. Che segue attenta il dibattito, i colpi di scena, la severità di Xavier eppure la sua saggezza quando, nell’imminenza del verdetto, esorta la giuria popolare a non avere paura di sbagliare, di fare un torto o un favore all’imputato. Il nostro compito, signori, non è ricercare la “verità”, che non verrà mai pienamente alla luce, il nostro compito è di fare giustizia nel rispetto della legge. 

“L’uomo con l’ermellino” è Fabrice Luchini (Coppa Volpi a Venezia), lo splendido attore di tanti film di successo da “Le donne del sesto piano” a “Molière in bicicletta“.
Ditte è l’attrice danese Sisde Babett Knudsen, protagonista della fortunata serie televisiva “Borgen“.
Una sceneggiatura scarna, stretta tra l’aula angusta del tribunale di provincia e quella ancora più angusta della tavola calda dove i giurati vanno a mangiare nelle pause delle udienze. In cui si sfiorano gli sguardi e le conversazioni fuggevoli tra Ditte e Xavier.
Un film garbato, una commedia raffinata, che colpisce al cuore per la delicatezza e l’umanità dei suoi personaggi. Dove i reietti e persino gli assassini sembrano avere, loro malgrado, un’anima.
La Corte (L’Hermine) di Christian Vincent (Francia 2015)

 

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