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Cinema Recensioni

Il ritorno di Casanova

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L'ultimo film di Gabriele Salvatores

Lo scrittore austriaco Arthur Schnitzler scrisse “Il ritorno di Casanova” nel 1918, alla fine di una guerra insensata, in preda a uno stato d’animo di prostrazione, costretto com’era a vivere “in un mondo straziato e gemente“. L’autore vi immaginò un Giacomo Casanova, ormai vecchio e stanco, preso da una così intensa nostalgia per la sua città natale, Venezia, “che cominciò a girarle intorno simile ad un uccello che vien giù a morire calando da libere altezze in sempre più strette volute“.
Nel film, o piuttosto meta-film, Gabriele Salvatores fa sua la storia di Schnitzler e la proietta sia nell’oggi che nel passato. In un gioco di scatole che si sovrappongono e si incastrano le une nelle altre, immagina un noto regista, Leo Berardi, che stia cercando di girare, senza alcuna voglia di terminarlo, un film dedicato a Casanova.
Berardi, interpretato dal sempre eccezionale Servillo, è anch’egli oltre la mezza età, depresso, fumatore compulsivo, ossessionato dal tempo che passa e, nonostante l’aiuto prezioso del montatore, la pellicola che risulta non convince nessuno, tantomeno il produttore.
Di tanto in tanto, quando non è ossessionato dai propri tormenti interiori, Berardi butta un occhio ad alcune scene del film: il Casanova attore – il viso segnato, la parrucca che gli copre i capelli canuti – mentre incontra nella città lagunare un vecchio amico, Olivo, che lo ospita nella propria magione.
Insieme ad altri convitati fa la conoscenza d犀利士
ella giovane nipote Marcolina, bella e indipendente, segretamente innamorata del tenente Lorenzi. Anche Berardi è affascinato da un’altrettanto giovane contadina, Silvia, che ricambia le sue attenzioni ma vorrebbe che il suo maturo fidanzato fosse più deciso. Come il Giacomo attore (bravissimo Fabrizio Bentivoglio) è geloso per l’avvenenza del Lorenzi, anche il regista Berardi è indispettito dal successo della nuova stella del cinema Lorenzo Marini.
Il meta-film continua tra scene alla Fellini, sipari esilaranti (la casa tecnologica del Maestro si ribella alla sua depressione, con la tazza del cesso automatica che rifiuta di aprirsi – mentre la prostrata preme – e il robottino pulente che esplode) alternate a parentesi piene di “melancolia” alla Albrecht Durer.
Un film non facile, che ha ricevuto parecchie critiche negative, ma per giudicarlo bisogna ammettere che Salvatores (invecchiato anche lui) qui non ha perso l’animo picaresco e disincantato che con “Mediterraneo” gli valse l’Oscar nel 1991.

Il Ritorno di Casanova – di Gabriele Salvatores – Italia 2023

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COSTANZA FIRRAO

Nata a Bari nel 1953, è sposata e ha due figli. Vive a Milano dal 1990. Collabora negli anni ’90 alle pagine culturali di alcuni quotidiani locali ed è stata traduttrice dal francese per riviste bilingue. Ha curato vari siti e blog. E' appassionata di cinema e letteratura.

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