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L’economia è una scienza antipatica?

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Sono io a non capire l’economia, o è l’economia a non capire me?
Così si chiede il critico letterario Filippo La Porta, e su questo dubbio instaura una conversazione con Mauro Scarfone, economista con molti differenti lavori alle spalle. La domanda iniziale diventa poi il titolo di un libro edito da Portaparole che ha come scopo principale quello di rendere più comprensibile, o più umana, una scienza che, a detta di La Porta, è antipatica. Convinti come sono i due autori che in democrazia i cittadini devono essere consapevoli di ciò che accade, delle decisioni prese dal loro governo, e che devono avere gli strumenti necessari per capire.
Già, la parola magica in questo volumetto non è informazione, bensì comprensione.
Soprattutto ora che crisi, credit crunch, derivati, stabilità e crescita hanno reso l’economia una star tra le scienze.
La Porta cerca di arrivare alle domande giuste ricordando l’origine filosofica di questa disciplina: non era forse un seguace di Hutcheson e di Hume quell’Adam Smith considerato da molti il padre della scienza economica? E i suoi interrogativi squisitamente antropologici e morali? Tant’è che il tornaconto personale – differente dall’egoismo assoluto – gli sembra ancora il movente più valido per creare ricchezza. Molto di più della pacifica benevolenza o del disinteresse.
Scarfone, invece, cerca di rispondere alle domande pratiche del suo interlocutore (inflazione e debito sono qualcosa di negativo in sé? Si può credere in una crescita senza limiti?), ricordando innanzitutto che l’economia è una scienza da cui ci si aspetta certezze, ma che per sua natura non può darne. Perché è pur sempre una scienza sociale per la quale non è possibile la riproducibilità in laboratorio, e l’unica verifica empirica è l’analisi statistica di ciò che è avvenuto in passato. È per questo anche che, a differenza delle scienze matematiche o fisiche, l’interpretazione gioca un ruolo fondamentale. Così Scarfone, rispondendo alle domande di La Porta, sceglie le teorie o le interpretazioni dei fatti di alcuni economisti quali Galbraith, Krugman, Sen, Stiglitz, Lunghini, Fitoussi e Leon contro i teorici o “ideologi dell’austerità”.
Il saggio scorre dunque tra concetti fondamentali e fatti concreti, tra aneddoti e teorie, per cercare di togliere il velo proprio a ciò che ogni giorno leggiamo sui giornali. Per riportare le polemiche, i decreti o gli operati delle banche centrali all’interno di un unico flusso conoscitivo; per dare visione culturale a un insieme caotico di informazioni. E spiegare, ad esempio, perché quando c’è una crisi finanziaria occorre tutelare le banche, anche se sono state loro a causare il problema, o perché negli studi economici l’interdipendenza è un concetto chiave: interdipendenza tra debitori e creditori, interdipendenza tra gli Stati, interdipendenza tra domanda e offerta. Insomma, per tentare di rispondere alla candida domanda fatta da Sua maestà la Regina Elisabetta quando, nel 2009, convocò i maggiori economisti del suo paese: «Perché la vostra scienza non è stata in grado di prevedere la bufera finanziaria?».

Sono io a non capire l’economia, o è l’economia a non capire me?, di F. La Porta, M. Scarfone
Portaparole editore. € 16,00

 

LIA MIGALE

è scrittrice ed economista. Tra le sue pubblicazioni non scientifiche i racconti In un altro luogo (1996) e il romanzo Malamore (2001) – entrambi per Empirìa – e La donna del diavolo (Voland 2009) e Piccola storia del femminismo in Italia (Empirìa 2016).

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