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Costumi

Meglio nutrie che defunte

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Annie Girardot in "La donna scimmia" - Marco Ferreri 1964

Cos’hanno in comune gli occhiali da lettura e i peli superflui?
Da quando leggere alla luce dell’abàt-jour mi riesce inspiegabilmente faticoso (un ragno radioattivo a rovescio deve avermi punto), a letto, prima di dormire, guardo la Tv.
E ieri notte, saltando da canale a canale, capito su un programma dal titolo rassicurante: 1000 modi di morire. Ora, con una simile premessa avrei dovuto proseguire il salto, magari alla ricerca del solito film visto un gazziglione di volte, invece sono rimasta a guardarlo come l’appassionata di incubi e insonnie che non sono.
Secondo la ricostruzione senz’altro fedelissima degli autori, c’è una tizia che sta per combinare con un tizio, ma Tizio quando la vede nuda dice qualcosa tipo «ma che è ‘sta foresta? Mi fai schifo» e Tizia, davanti a un simile romanticismo, non gli dice «salutame a soreta», ma corre in bagno a scaldare la ceretta e sfoltire la Sherwood. Risultato: morte orribile.
Nella concitazione del deforestamento si era ferita contraendo un coccoqualcosa batterio che l’ha steccchita in un paio di giorni.
È tutto il giorno che ci penso.
Il rischio di ferirsi col rasoio una lo tiene in conto, e sta attenta a non usarne di arrugginiti o sporchi, elementare Watson. Ma con la ceretta…
Un mondo di certezze è crollato. Non potrò mai più guardare a uno di quegli edificanti momenti di tortura con gli stessi occhi.
Perciò, a meno che uno strano ictus collettivo non renda di colpo attraente ciò che ora non lo è, rendendoci tutte felici di andare in giro come nutrie, proporrei una raccolta firme per ordinare a Strep, Veet e Lycia di incontrarsi e mettere a punto un nuovo sistema epilatorio, tipo un kit di sguardi di disappunto con cui far cadere inceneriti i peli.
Nel frattempo io corro dall’ottico

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