«Larissa, comincia adesso l’ora del rimpianto, la morte non è nulla al paragone». Comincia così il lamento funebre di Boris Pasternàk per Larisa Reisner (1895-1926), l’ardente giovane intellettuale russo-polacca che bruciò la sua vita negli anni della rivoluzione, aderì al bolscevismo, fu commissario politico della Armata Rossa durante la guerra civile, compagna di Fedor Raskolnikov in Afghanistan, di Karl Radek in Germania, dove visse in clandestinità e pubblicò illuminanti testimonianze sui moti rivoluzionari (‘Berlino, ottobre 1923’, ‘Amburgo sulle barricate’).
Figlia di una illustre famiglia di Lublino (il padre era giurista di fama) Larisa si era specializzata in psiconeurologia, ma durante la prima guerra mondiale divenne accesa pacifista, dette vita a una rivista letteraria (‘Rudin’) e dopo la rivoluzione del febbraio 1917 firmò articoli militanti sulla ‘Novaia Gizn’ la rivista di Maksim Gorky.
Dopo l’Ottobre, la Reisner fu insegnante nei club degli operai e marinai di Pietrogrado, e si adoperò per la catalogazione dei tesori d’arte all’ Istituto Smolny insieme ad Anatolj Lunacharsky. Negli anni 1924-25 fu corrispondente delle Izvestija dagli Urali dove documentò la sovietizzazione nelle regioni orientali della Russia.
La sua vita fu stroncata da una febbre tifoide, a poco più di trent’ anni. Era una donna vitale, appassionata e avvenente. Leone Trotsky la ricorda combattente nella Armata Rossa: «con un aspetto di dea dell’Olimpo, ha unito una mente sottile e ironica al coraggio di un guerriero. Dopo la presa di Kazan dai bianchi, andò in campo nemico travestita da contadina, ed è stata arrestata. Mentre stava per essere interrogata dai servizi segreti giapponesi, è riuscita a fuggire…in seguito ha preso parte a combattimenti navali. I suoi scritti sulla guerra civile hanno valore di letteratura, come lo sono quelli circa le industrie degli Urali e le lotte dei lavoratori nella Ruhr. Era avida di conoscere, di vedere, e di prendere parte attiva; è stata una scrittrice di prim’ordine».
E sarà la poesia di Boris Pasternàk a dare una vivida immagine della ‘ragazza dell’Ottobre’ nei versi finali del suo ultimo saluto: ‘…nel profondo della leggenda, eroina, camminerai, lungo quel percorso i tuoi passi non potranno mai sbiadire. Sei torre, sei una potente roccia custode dei miei pensieri; essi sono ben protetti dalla tua grande ombra’.
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