Quarto Giorno. I sacri riti terrestri

I terrestri si preoccupano molto di dare un senso alle loro azioni senza senso. Per esempio una parte di loro non ha una fornitura di cibo sufficiente per riuscire a camminare e una parte non riesce a camminare per quanto cibo ha ingurgitato. La ragione di tutto quello che non è comprensibile, sarebbe racchiusa in un’unica enigmatica frase: dio-lo-vuole. Coloro che conservano il segreto di dio-lo-vuole sono vestiti diversamente dagli altri, con abiti ampi e lunghi, a volte neri, a volte rossi, a volte viola, a volte bianchi immacolati, a volte arancioni, mai a righine turchesi. Alcuni abiti sono ricchi di decorazioni su grandi balze simili alla torta nuziale dei principi di Wurtzlandia, ma eviterei di indossarli per giocare a salta l’asteroide. In alcune zone gli interpreti di dio-lo-vuole hanno la pelle più scura e sono coperti da piume di uccelli, in altre solo piccole pezze bianche ricoprono i corpi ignudi. Alcuni hanno folti capelli anche dalla parte del mento, alcuni non hanno capelli nemmeno sul capo, altri hanno riccioli ritorti ai lati delle orecchie. Che abbiano copricapi rigidi a cono, alati e ondeggianti o a forma di astrozucca, tutti affermano con sicurezza, negli innumerevoli idiomi terrestri, di conoscere perfettamente il pensiero di dio-lo-vuole. Tale pensiero è ancora un po’ confuso, come mi sono permessa di notare: o si digiuna un giorno alla settimana o un mese l’anno; o si beve vino durante i sacri riti o non si non beve mai. Con lo sguardo del corvo affamato a cui è appena caduto il verme dal becco, mi hanno cantato in coro un mantra cosmico: “Fattilicazzitua”, che ha un effetto rilassante se ripetuto più volte di seguito. Comunque è molto difficile sfuggire al controllo degli interpreti di dio-lo-vuole: chi lo fa è ritenuto un essere inferiore e quando muore non si sa dove seppellirlo.
Se non volete disintegrare il pianeta tutto in una volta si potrebbe fare anche a poco a poco.