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Storia

Quella stazione del Metro

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Guy Moquet

Se a Parigi vi capita di passare nel XVII arrondissement, dietro Montmartre, accanto al verde del cimitero omonimo, tra le grandi Avenues di St.Ouen e di Clichy, non mancate di sostare presso la stazione del metro intitolata a Guy Moquet, sulla omonima via, senza porvi la classica domanda: “chi era costui?”
Era un eroico giovane parigino di diciassette anni, attivista comunista, fucilato assieme ad altri ventisette prigionieri politici del campo di Châteaubriant in rappresaglia per l’attentato ad un ufficiale tedesco. Era il figlio di un ferroviere, deputato comunista, deportato in Algeria dal 1939. Moquet frequentava il Liceo Carnot, dove conobbe il giovane Gilles Deleuze, divenuto poi celebre filosofo della postmodernità.
Dopo l’occupazione tedesca, Guy iniziò l’attività clandestina ma il 13 Ottobre 1940 venne arrestato davanti alla stazione del metro Paris Est, picchiato e torturato dalla polizia francese, e infine tradotto al campo di Châteaubriant.
Un anno dopo, 20 Ottobre 1941, a Nantes i ‘francs tireurs’ uccisero il comandante tedesco Karl Hotz. Per la rappresaglia richiesta dai tedeschi vennero scelti cinquanta prigionieri politici, quasi tutti comunisti, per decisione del ministro petainista Pucheu. Due giorni dopo, Guy Moquet sarà fucilato, rifiutando, come gli altri compagni, di avere gli occhi bendati per la esecuzione.
Poco prima, aveva scritto una lettera alla famiglia:”« […] Sto per morire! Quello che vi chiedo, a te in particolare, mamma, è di essere coraggiosi. Io lo sono, e voglio esserlo tanto quanto quelli che sono passati prima di me. Certo, avrei preferito vivere. Ma quello che spero con tutto il cuore, è che la mia morte serva a qualcosa. Papà, perdonami se ti ho fatto arrabbiare; ti saluto un’ultima volta. Sappi che ho fatto del mio meglio per seguire la strada che mi hai indicato. Un ultimo addio a tutti i miei amici e a mio fratello che amo tanto. Che studi molto, per poter diventare un uomo.17 anni e mezzo! La mia vita è stata così breve! Ma il mio unico rimpianto è quello di dovervi lasciare […] ».
“Che la mia morte possa servire a qualcosa” recita la scritta commemorativa nella stazione del metro intitolata al suo nome situata nel XVII arrondissement. Se passate da quelle parti, non dimenticatelo.

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DUCCIO TROMBADORI

Duccio Trombadori. Nato a Roma nel 1945, figlio e nipote d’arte, dal padre Antonello e dal nonno Francesco ha ereditato la passione per la politica e la pittura. Laureato in Filosofia, è stato giornalista, critico d’arte, saggista, docente di estetica alla università di Architettura di Roma. Ha iniziato a scrivere d’ arte su ‘L’Unità’ alla fine degli anni Settanta, ha continuato in seguito su ‘Rinascita’, ‘Panorama’, ‘Il Foglio’, ‘Il Giornale’, e sul Tg3. Esperto d’ arte italiana del ‘900, ha diretto una rivista d’arte (‘Quadri&Sculture’, 1993-1998) ed ha curato monografie di Mario Mafai, Francesco Trombadori, Antonio Donghi, Riccardo Francalancia, Giulio Turcato, Renato Guttuso, Mario Schifano, Mario Ceroli. Tra il 1993 e il 2013 ha collaborato a diverse edizioni della Biennale di Venezia, di cui è stato consigliere di amministrazione. E’ stato più volte consigliere di amministrazione della Quadriennale di Roma. E’ autore di un libro- intervista con Michel Foucault (1982) e di una biografia ragionata di Gino De Dominicis (2012) . Un suo libro di versi (’Illustre Amore’, 2007) è giunto finalista al Premio Viareggio. E’ pittore di piccoli paesaggi di gusto ‘novecentesco’ che ha esposto a Parigi e Roma tra il 1990 e il 2014.

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