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Allegoria siciliana dell’Apocalisse

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Apocalisse nera. Sicilia perduta, invasa.
Da una parte i cannibali, esseri disanimati, strumenti, cyborg che strappano la carne umana con mandibole d’acciaio. Dall’altra, poveri umani inermi che combattono – imperfettamente e a volte dignitosamente.
E sopra tutto e tutti, sotto tutto e tutti, i velenosi dei del potere che tutto vogliono e tutto muovono. Oscuri, apparentemente onniscienti. I soliti, s’intende.

No, non sto parlando del movimento dei Forconi, di ciò che nasconde, minaccia, promette. Dei disastri che provoca alle categorie che dice di voler difendere. Sto parlando di un romanzo, tra il noir e il fantasy, uscito qualche mese fa. Sto facendo la recensione di L’Isola Prigione, di Ottavio Cappellani, ed. Mondadori, uscito nel settembre scorso.

Un romanzo dove l’Etna, il sangue, la carne, il petrolio, la dittatura, le pervasive menzogne, sono intrecciati in un perfetto plot metaforico. Quattrocento pagine tanto profetiche quanto implacabili.

Una macchina per l’intrattenimento? Certo, L’Isola Prigione ha la struttura rapinosa di un bestseller che le vendite premieranno, ma ha anche molto di più: un contenuto essenziale, una orgogliosa e disperata esigenza di verità. E una scrittura densa e potente.

Si sente l’urlo. E la parola. Noi non saremo per sempre lì, in quel mondo senza sbocco, nella luce sporca della condanna divina. “Da quel giorno mi pare di ricordare qualcosa”
Noi usciremo all’aperto, noi vedremo i barbagli della luce del sole, gli spicchi di cielo. “Tanti silenzi fanno una parola”.

L’Isola Prigione è un romanzo che comincia cinico e conclude colmo di speranza. Che parte furbo e termina innocente.
Non ve lo spiego, quindi. Vi invito all’avventura di traversarlo. In compagnia della coraggiosa Michela, dell’innocente Turizieddu, del falso cinico Gabriele – e della cavalla saggia che senza nemmeno la guidiate vi porterà a destinazione.
“Da allora, dubito”.

Ottavio Cappellani, L’isola prigione,
Mondadori, Collana Strade Blu Narrativa, 2011
ISBN 9788804613619
408 pagine € 18,00

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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