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Costumi Racconti

Un amore tossico

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La bacchetta di bambu’, non era che uno spettro tra i tanti.
Negli interminabili e tristissimi pomeriggi del semiconvitto passati con ancora addosso il sudore dei quindici minuti di corse sfrenate, subito dopo l’immangiabile vitto, eternamente condito dal nauseabondo odore delle cucine e che nel passare delle ore si seccava, freddo, sotto la maglietta.
Quei soffitti altissimi, quelle finestrone enormi e gelide che faticavo sempre a manovrare. L’unico che mi faceva compagnia era il banco di legno. Scomodo, duro ma tra le cui tormentate venature, invece di studiare, immaginavo percorsi e storie, volando via con la fantasia.
Il lunedi pomeriggio era il peggiore, con la tristezza della prospettiva di un’altra settimana in quel posto. Era il giorno della bacchetta di bambu’ e della batteria. Il novizio che ci sorvegliava aveva una batteria di quelle antiche, gialla, larga e piatta e quando qualcuno nella controra, preda del “post prandium” si accasciava sul suo banco, con un sadismo da 41/bis, il novizio, silenziosanente, s’avvicinava e, coi poli toccava orecchi o gomiti del dormiente che, e’ facile immaginare, con quale espressione si risvegliasse di colpo.
Il mercoledi pomeriggio ci portavano a messa in una cappella interna al collegio, dipinta malissimo dal professore di disegno. Anch’essa altissima e freddissima sempre piena d’odore d’incenso e con quelle figure di santi e Madonne stravolte dalle pazze prospettive del professore.
Il venerdi avevamo la distribuzione a pagamento di Famiglia Cristiana e di una mela o di un arancio.
Lunghissimi, oscuri corridoi ora silenti sembrava rimbombassero ancora delle grida della mattina. Suoni ovattati emergevano talvolta da chissa’ dove. Pareti ingiallite tappezzate da ritratti di ex rettori e qualche santo. Una sensazione di unto, non pulito, nonostante i pavimenti brillassero sempre.
E poi, alla fine, di colpo, l’aria e i suoni della strada. Era come se la vita, calda e caotica, ti riaccogliesse fra le sue braccia matrigne.
Tempo fa ci sono passato davanti a quel collegio. In macchina, nella coda del traffico, mi e’ sfilato davanti il grande cancello in ferro battuto e dietro la lunga fila di finestre. Il semaforo si e’ fatto verde e l’auto davanti a me e’ partita. Anche io sono ripartito subito con dentro la stessa sensazione di disgusto e dolore che ti lascia un amore tossico.

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