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Racconti

Zia Nevenka

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Era arrivata alla fine della guerra, da Dubrovnik, per scappare dal regime di Tito, ma anche per amore del giovane zio Saverio che quando era stato in missione in Croazia per il Banco di Napoli se ne innamorò. La vide nuotare in quelle acque di cristallo con i suoi bellissimi capelli castano chiaro a incorniciare un viso di pura bellezza slava, sembrava un’attrice. Camminando sulle zeppe di sughero, lasciava nell’aria profumo e fascino.
Le notizie sull’aspetto di zia Nevenka erano circolate dai racconti delle sue tre cognate, quindi più che attendibili. I nonni e gli altri la accolsero nella grande casa con amore e sincera solidarietà femminile e anche con l’orgoglio della famiglia che si arricchiva di un’altra figlia.
Una notte degli anni ’50 partì velocemente da Andria verso il porto di Bari accompagnata dagli uomini di casa. Come in un romanzo la zia Nevenka era venuta a conoscenza che il fratello maggiore, Mirko, sarebbe arrivato con la nave che comandava. Dopo tutti quegli anni di lontananza forse si sarebbero potuti riabbracciare.
La nave doveva scaricare dei pezzi di ricambio per una fabbrica, ma nessuno dell’equipaggio avrebbe potuto toccare il suolo italiano. Mirko, scambiando i vestiti con il medico italiano che era salito a bordo, riuscì a scendere, abbracciarla tra le lacrime e consegnarle un pacchetto. Dentro c’era una macchina fotografica polacca, le foto della Croazia e un pezzo di povitika (pane con nocciole e cioccolato) fatto dalla sua mamma solo per lei, come una volta. C’erano anche dei pezzi di cioccolata per i bambini, pacchetti di sigarette per gli uomini e tante tante lacrime.
L’incontro non poté durare molto e lei, con il sostegno dei suoi nuovi fratelli, aspettò sul molo sino a che non vide la nave scomparire come un sogno al chiarore del giorno. Non rivide più i suoi familiari, per colpa del regime comunista di Tito e perché, quando avrebbero potuto, molti di loro non c’erano più.

Nevenka e la sua nuova famiglia in Italia

Nevenka e la sua nuova famiglia in Italia

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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