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Racconti Storia

146 anni fa nasce F. T. Marinetti

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Filippo Tommaso Marinetti

Nasce il 22 dicembre 1876 ad Alessandria d’Egitto da una coppia di giovani milanesi colti e moderni che, fuggiti da una vita agiata e borghese, si erano rifugiati lì. Il padre diventa consulente legale per il nascente Canale di Suez, la mamma è pianista e appassionata di libri. Il piccolo Tommaso vivrà un’infanzia e un’adolescenza felice e ricca di stimoli. Si diplomerà a Parigi e, a Genova, prenderà la laurea in diritto.
La letteratura è il suo interesse principale e in quella s’immerge. Le disponibilità della famiglia gli permettono, tra il 1905 e il 1909 di fondare, finanziare e dirigere la rivista milanese “Poesia” che, nel 1909 diventa il primo organo di un nuovo movimento poetico: il Futurismo.
Nella casa di famiglia, angolo via Senato Corso Venezia, a Milano prende forma il primo “Manifesto del Futurismo” datato 1909 e pubblicato da “Le Figaro”. Nel 1910 nascono le “parolibere” (Zang Tumb Tumb), esse consistono in una tecnica poetica del tutto nuova in cui è distrutta la sintassi, abolita la punteggiatura, nella quale si ricorre ad artifici verbo-visivi.
Marinetti trova alleati tra i giovani pittori, come Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo e tra i poeti come Aldo Palazzeschi. Con loro lancia le serate futuriste, spettacoli in cui declamano i loro manifesti davanti a una folla che spesso accorre per il solo piacere di colpirli con ortaggi vari.
Lo elogia Gramsci per le “nuove forme di arte e per la concezione rivoluzionaria, addirittura marxista, di occuparsi di simili questioni”. Elogi arrivano anche da Mosca: “In Italia esiste un intellettuale rivoluzionario, egli è F.T. Marinetti.”
Marinetti e i futuristi si proclamano accesi interventisti e partecipano al primo conflitto mondiale, arruolati nel “Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti”. A lui saranno conferite due medaglie al valore militare. Il programma politico futurista affascina anche Mussolini, che farà suoi molti punti del manifesto programmatico.
Avviene l’incontro con la poetessa e pittrice Benedetta Cappa che nel 1923 diventerà sua moglie e da cui avrà tre figlie. Tutti gli riconoscono di essere stato anche un padre affettuoso. A partire dagli anni ’30, però, la stampa di regime emargina con irritazione Marinetti e tutta la corrente futurista ritenendo troppo evidente lo spirito libertario di quella corrente.
È volontario in Africa orientale; nel 1942 parte per la campagna di Russia benché il suo stato di salute non sia confacente al rigido autunno, così viene rimpatriato. Nel 1943, dopo la caduta di Mussolini, lascia Milano con moglie e figlie e si trasferisce prima a Roma, poi a Venezia.
È molto affaticato, non ha più le forze di una volta. Prova a curarsi. Si trova in un albergo di Bellagio, sul Lago di Como, in attesa del ricovero in una clinica svizzera, quando, colpito da una crisi cardiaca, muore. È il 2 dicembre del 1944; per tutta la notte precedente aveva dettato “Quarto d’ora di poesia della X Mas”.
Tra le strane combinazioni successe nella mia vita c’è sicuramente l’aver condiviso per parecchio tempo la stanza di lavoro con Filippo Piazzoni Marinetti, degno nipote di cotanto nonno.

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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