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C’era una volta Dallas

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Locandina serie Tv "Dallas"

Nel maggio del ’91 andava in onda l’ultima puntata di Dallas. Mi diverte ricordare questa Saga degli Atridi con i cappelli da texani al posto delle corone, l’eterna lotta tra il primogenito perfido e il secondogenito buono, come Caino e Abele.

Sue Ellen mi faceva impazzire, bella e infelice, sempre con un drink a portata di labbra e gli occhi sgranati. A mia nonna piacevano Bobby e Pamela. «Che bella coppia che sono!» ripeteva, come se parlasse di persone e non di personaggi. Quando i due ebbero i primi problemi e divorziarono, mia nonna non c’era più, e io mi sorpresi a pensare che era meglio così, perché la poveretta non avrebbe retto. Oggi ne rido ancora.

E poi c’era la sigla, con l’entrata di Southfork Ranch, e il motivetto che metteva di buonumore e dava la carica come un’ouverture wagneriana ma senza meditabondi risvolti riflessivi.

Viva Dallas, con le spalline, le teste cotonate e l’elogio del profitto e della cattiveria immorale che affascinava noi italiani: eravamo un pubblico ancora così ingenuo da immaginare che quel mondo fosse solo di finzione e non un modello di vita, come invece sarebbe accaduto di lì a qualche anno.

 

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SALVATORE RONGA

Nacque a bordo di un’isola nel golfo di Napoli, Ischia. Sbarcò raramente, così da poter attribuire al rollio ogni tormento esistenziale. Sperimentò varie forme di gastrite. Perse i capelli, ma non perse tempo a raccoglierli. Amò più di quanto i suoi amici sospettassero e odiò molto meno di quanto i suoi nemici avessero creduto. Venne alla luce il 13 luglio 1969 e da allora non fa che scrivere e riscrivere il suo epitaffio.

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