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Attualità

Due a Sanremo

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Per essere bravi, sono bravissimi. Mi trascinano a seguire fino alla fine uno spettacolo di cui mi importa poco, cui però sono abituata e anche quasi affezionata. Mi distraggono dai cattivi pensieri. Eppure. C’è qualcosa che leggo in loro. Amadeus: professionalissimo, adeguato, agile – ma dal profondo mi sembra emanare gelo, come se stesse esibendosi in acrobazie che gli sono ben note, ma intanto pensasse a qualcosa d’altro, e di molto lontano, e molto più importante di qualunque canzone. Fiorello poi è bravissimo. Non sbaglia niente e sa fare montagne di cose, e tutte tanto, tanto bene. Eppure mi sembra terribilmente triste, nel suo candido e irreale sorriso tirato. Con quel collo sottile sottile, come una marionetta stanca. Ambedue si impegnano al massimo, hanno sulle spalle un compito difficile e lo svolgono alla perfezione. Se mi passate il paragone, mi paiono due cortesi becchini, come in certi film americani tra il comico e l’horror, tra brivido e tenerezza. In realtà forse, così, sono proprio i presentatori giusti, col giusto tono di falsa allegria, per questi tempi di cupezza e attesa. Se fossero dentro di sé davvero felici, come fingono di essere, sarebbe una offesa alla immensa quantità di dolore e paura che ci avvolgono tutti. Sono lì, come due Pierrot lunari, a farci ridere fra le lacrime. Quindi grazie, grazie a ambedue, non si poteva fare di meglio.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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