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Due o tre riflessioni sul voto Se vi va

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– Astensionismo: tutti gli sconfitti, dai comuni più grandi a quelli più piccoli, lo hanno usato come alibi: siamo stati penalizzati dall’astensionismo. Argomento risibile, usato da chi non è capace di autocritica perché invece dovrebbe dire: non abbiamo convinto i cittadini a votarci, colpa nostra.
Poi, esistono diversi tipi di astensionismo: quello dei delusi, quello dei non rappresentati e quello di coloro che pur avendo un partito di riferimento non si sono riconosciuti nei candidati a sindaco.
In tutti e tre i casi, non si può dare la colpa agli elettori ma semmai all’offerta politica che non ha saputo intercettare le loro istanze.
E va aggiunto che, evaporati i grillini, una parte di elettorato antisistema può essere recuperata solo in due modi, o con un nuovo tribuno della plebe più populista dei precedenti oppure con un soggetto in grado di captare interesse con argomenti più costruttivi, incanalando la protesta in forme democratiche e civili. Anche qui, la scelta sta in mano ai politici.

– Che la destra abbia preso una solenne legnata è nei fatti, e paradossalmente è più utile a livello nazionale rispetto alle singole città dove si è votato. Perché si interrompe la narrazione di una destra vincente, iniziata con Salvini e proseguita con Meloni, e induce per forza di cose un necessario ripensamento in quella parte politica bocciata dai propri elettori. Che evidentemente non sono estremisti come i loro leaders immaginano, che sono persone più moderate e desiderano rappresentanti che somiglino a loro, che non si riconoscono in crociate antieuropeiste, in abbracci pericolosi con gentaglia come Orban, in connivenze inaccettabili con frange no vax. E che con tutta evidenza non accettano più candidati macchietta pescati a caso nella società civile e una classe dirigente incapace di esprimere un livello adeguato di governance da mettere in campo a ogni elezione. Ora, è chiaro che le elezioni amministrative non possono offrire un termine di paragone per le elezioni politiche, e chi lo pensa è già morto e non lo sa; politicamente parlando, si intende. Ma il messaggio degli elettori va comunque colto, perché è arrivato forte e chiaro, e lo spostamento su posizioni sempre più estreme non è stato premiato, anzi. I motivi di riflessione sono poi diversi per Salvini e Meloni, il primo sconta più, secondo me, un totale fallimento personale e un distacco dalla parte più moderata del suo partito che, non a caso, è fatto di amministratori regionali e che finirà fatalmente con il logorarlo. Mentre la Meloni, lo ammetta o meno, sconta il ciarpame interno al suo partito, il passato di cui non può liberarsi, pena la scomparsa dalla scena, e una totale mancanza di classe politica spendibile con almeno un minimo di credibilità. Colpisce in entrambi l’incapacità, o il rifiuto, di vedere la necessità di una destra diversa, e tantomeno di concepirla, cosa per la quale sono del tutto mancanti di mezzi intellettuali e di persone attorno a loro che possano guidarli in questa riflessione, per cui a meno che non emergano in quell’area nuovi protagonisti dotati di pensiero riformista, non credo che ci si possa aspettare un granché.

– la sinistra sulla carta ha vinto, ma come è accaduto in passato ha retto alle amministrative ma potrebbe perdere alle elezioni politiche. Perché è ancora in grado di esprimere una decente qualità di amministratori, ma per il resto vaga sulle nuvole. Incapace di fare scelte qualificanti e dirimenti, di rivendicare un’anima progressista e riformista, di mettere fine alla stagione populista e di avviare un nuovo corso di ampio respiro politico e di lungimiranza sui temi fondamentali. Specularmente, ha gli stessi problemi della destra, un ancoraggio al passato che non sa e non vuole superare e che più che a galleggiare non la porta. E anche qui mi pare che, se non emerge qualcosa di nuovo, non ci sia tanto da sperare.

– l’effetto Draghi. C’è stato eccome. Perché intanto che il circo era in città con le bighe, i saltimbanchi e i medici pistoleri, lui ha taciuto e lavorato. Testa bassa e pedalare. E tanti cittadini normali, la cosiddetta maggioranza silenziosa, si sono riconosciuti in questo motto che è anche quello che caratterizza le loro vite quotidiane. Per questo non hanno votato i circensi di ogni colore, ovunque si siano presentati. E da qui, chiunque abbia un minimo di cervello e faccia politica in questo paese, dovrebbe ripartire.

PS: e preghiamo che nasca finalmente un soggetto riformista intorno a Draghi.

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