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ECO LOGICA MENTE

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le vaschette di polistirolo del supermercato

È martedì e ho l’ansia. Tanta ansia, non potete nemmeno immaginare quanta. Qui, dove vivo, il martedì è il giorno in cui si fa la raccolta differenziata della plastica. Lo sentite come suonano minacciose queste parole? È per questo che ho l’ansia. Sette giorni su sette raccolgo, in maniera ossessiva, ogni minimo residuo di plastica per prepararmi a questo periodico Giudizio Universale. Ripongo nell’apposito contenitore, di plastica pure lui, che gelosamente custodisco sotto il lavandino e butto, butto, butto!  La plastica del pacchetto di sigarette, via. Quella che avvolge la confezione della carta igienica, butta. Il sacchetto della spesa, pure. Le bottiglie dell’acqua, buttale. No, fermati! Le bottiglie fanno volume, prima devi schiacciarle. Fatto, ora puoi buttarle. La bottiglia del latte, butta dentro anche lei. No! Fermati, cosa fai? Prima sciacquala, ci sono i residui del latte dentro, non vorrai mandare anche quelli nella plastica rovinando tutto e poi c’è l’etichetta di carta sopra. Staccala. Poi c’è quel pezzettino di stagnola che la sigillava. Devi toglierlo? Non ne sono così certo ma se lo lascio qualcuno se ne accorgerà di sicuro. Forse la stagnola non fonde alla stessa temperatura della plastica. Meglio eliminarla, potrei mandare in rovina tonnellate di riciclo con un solo pezzettino di stagnola. Accade cosi anche per la ceramica nelle campane del vetro. Dividi, non fermarti, dividi tutto, vedrai che anche la stagnola troverà il suo posto. Continua a cercare. Ecco un pezzo insidioso: la vaschetta della carne del supermercato. Va bene, il cellophane è plastica ma … il polistirolo?! Cos’è il polistirolo? Lo osservo, lo tasto e non capisco: è plastica o sono nuvole di drago inamidate? Poi ci sarebbe anche quel pezzetto spugnoso traforato messo tra la carne e la vaschetta. Dove va buttato? Dio mio, per questo mi viene l’ansia, dove posso smaltire queste entità aliene? Forse posso metterle nella carta? Certo che la carta non è più quella di una volta. Quando ero bambino la carta era carta, carta normale. La carta dei quaderni, la carta dei giornalini, la carta straccia, fine. La cosa più strana era la carta cerata del macellaio, ma a ben vedere era solo carta spalmata di cera. Ora mi trovo davanti a carte plasticate o plastiche cartate che non riesco a catalogare. Una volta ho fatto l’autopsia a un piccolo tetrapak del succo di frutta: non è di carta! O meglio, è una carta con un sottile strato di plastica davanti e dietro. Ho provato a dividerli, impossibile. Rimane sempre un po’ si plastica sulla carta o un po’ di carta sulla plastica. Giorni fa ho visto, in televisione, un documentario sull’inquinamento degli oceani. Dicono che ci siano delle enormi isole di plastica galleggiante in mare ed è tutta plastica usata da noi. Noi? Chiariamo una cosa: io non ho mai buttato nulla in mare. Sono anni, ma che dico anni, da sempre raccolgo i rifiuti nella spazzatura che poi deposito nei bidoni, punto. Va bene prima non facevo la differenziata ma non la buttavo in mare. Ragioniamo, sarebbe pure stato scomodo. Sì, abitavo in una città di mare ma non era così vicino a casa e non ho mai visto i miei concittadini andare in giro con i sacchetti pieni di spazzatura da buttare direttamente in mare. Eppure, dicono che sia colpa dei “nostri” rifiuti. Sarà mica la società municipalizzata che lo fa? Ci dicono che smaltiscono tutto e, invece, di notte, con l’inganno, gettano tutto a mare. Nello stesso documentario dicevano, anche, che facciamo morire gli orsi bianchi, affamiamo i delfini, riempiamo il nostro corpo di microplastica impalpabile come lo zucchero a velo del pandoro e, non ultimo, produciamo anche troppa CO2, ma io non so nemmeno da che parte si incominci a fare la CO2. Qualcuno di voi sa sintetizzare la CO2? Io so che la emetto con la respirazione e non credo di poter smettere per ora, tuttalpiù devo aver riemesso quella estranea ingerita con le bibite gassate. Perché non vietano e proibiscono ogni cosa alla fonte, liberandoci dalle responsabilità, invece di farmi sentire in colpa per come vivo? Capite perché ho l’ansia? Guardo questo sacchetto pieno di plastica, più-o-meno-plastica e quasi-plastica e penso di essermi comportato sempre come meglio potevo. Non vogliamo le isole di plastica negli oceani? Ditemi, però, come faccio a portare l’acqua dal supermercato a casa. Facile, la metti nelle bottiglie di vetro che è riciclabile. Vetro? Oddio, quello che si rovina con la ceramica nella campana della raccolta ecc. Non se ne esce e, a me, sembra di impazzire. Per fortuna domani c’è la raccolta dell’organico. Quello lo comprendo meglio. L’organico è onesto. Vive, muore, si decompone molecola dopo molecola e torna in circolo senza dare fastidio a nessuno. L’organico è fatto come noi, marcisce come noi, è nostro fratello, ma questo pezzo di polistirolo che ho ancora in mano, invece, dove lo metto?

 

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DIEGO C. de la VEGA

… l’ex-moglie (probabilmente l’ultima) lo definisce “un delinquenteeeee!”. I più non lo reggono oltre gli 11 minuti, ma per i pochi che hanno sopportato con benevolenza i suoi difetti: De la Vega è una persona d’oro! Ha vissuto dividendosi tra Madrid, l’ex Repubblica di Genova per approdare a colonizzare, attualmente, il sub-Piemonte. Autentico fantasista, ha svolto innumerevoli attività. Filoenologo, musicista, cuoco-pop, musicoterapeuta pentito, ex politico in erba, sartina-smart, giusperito incompiuto, lobbysta, elettricista, falegname, idraulico, appassionato d’arte contemporanea, genio dell’informatica fai-da-te. Ama la musica antica e le opere di Philip Glass saltando a piè pari tutto l’800 che trova disgustoso. Un uomo meraviglioso se non fosse per un solo piccolo difetto: riesce a volgere tutte queste sue doti in armi letali con cui produce catastrofi inimmaginabili pur non volendo! I suoi insegnanti delle scuole elementari, capendone il valore, dopo il classico “è intelligente ma non si applica” lo promossero a un definitivo: è una Mancata Promessa! Attualmente, non volendo farsi mancare nulla, si è dato anche alla scrittura essendo stato ospitato su LaRivistaintelligente.it dalla benevolenza di Giovanna Nuvoletti, e pubblicando racconti in due antologie di Edizioni2000diciassette, grazie all’invito di Maria Pia Selvaggio che, chissà come, lo ha scoperto. .DeLaVega si chiama Diego e non è uno scherzo cosi come è vero quanto detto sopra.

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