Generazione zero euro

 

Sono di Rimini, ho quarantasei anni, mi chiamo Letizia. Per dieci anni ho vissuto a Milano. Facevo l’impiegata in un’agenzia pubblicitaria. Mi sono sposata. Ho avuto un bambino. Mi sono separata quando mio figlio aveva dieci anni. Ho lasciato il lavoro. Sono tornata a Rimini. Ho lavorato qua e là, facendo anche le stagioni. Tra mille problemi ho cresciuto mio figlio. Ho acceso un mutuo per comprarmi casa. Sono tornata la figlia di mamma e papà. Qualche anno fa sono stata assunta in un ufficio di commercialisti. Mi sono rilassata. Mio figlio è cresciuto. Ha fatto la maturità. Ha cominciato a cercare un lavoro. E a inizio anno sono stata licenziata. Mi sono trovata a fare colloqui in mezzo a ragazzine che hanno meno della metà dei miei anni. Ho fatto corsi di pronto intervento per diventare commessa in negozi di mutande. Per quasi tutti sono troppo vecchia. Per qualcuno sono troppo italiana. Negli alberghi, per fare le pulizie della stagione, le russe prendono cinque euro l’ora, le cinesi solo tre. Faccio parte della generazione zero euro, ultraquarantenni e cinquantenni di cui nessuno sa più cosa fare. Tra luglio e agosto farò la dama di compagnia per una signora di Bologna che viene giù a passare mezza estate. Sono sicura che mi divertirò. Nell’attesa vado in spiaggia, mi abbronzo, passeggio sul lungomare e ogni tanto passo dal mio amico gelataio: lui il cono me lo fa pagare solo un euro.

Nota. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente voluto. Letizia esiste veramente e si chiama anche così.

 

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