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I BAMBINI DEL BOSCO

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I protagonisti sono gli stessi: la natura, le montagne, i bambini, i vecchi, gli animali e la storia, quella minima non celebrata sui libri. I bambini (quelli di Svevia) si chiamavano Edna e Jacob, qui Luce e Leprotto; le alture sono sempre quelle altoatesine (in questo caso si arriva fino alla Cima delle Anime – Alpi Retiche orientali – 3475 mt.); lì c’era un pappagallo di nome Emil, qui un mezzo lupo chiamato semplicemente Cane. La vicenda si sviluppa su due piani temporali partendo dal 1978 e arrivando ai giorni nostri con continui rimandi non sempre evidenti: perdere il fil rouge del racconto è come smarrirsi nel bosco, essere convinti di aver percorso un sentiero e invece percorrerne un altro, molto più infido; tornare indietro a cercare le proprie tracce e non trovarle. La ragazzina, Luce, vive in un vecchio maso con Pa, Klaus, il fratello più grande e nonna Ebe che le ha insegnato i segreti delle erbe e che stila in un libretto le sue ricette di cucina. Luce è vivace, curiosa e insofferente ai limiti che le impone Pa oltre che alle prese in giro di Klaus, sa che quei due quando vanno via di notte combinano qualcosa che a lei è precluso, per la sua età ma soprattutto perché femmina.


L’arrivo improvviso e rocambolesco di un ragazzino sconosciuto, magro e recalcitrante accompagnato da un mezzo lupo ringhioso porta scompiglio nella fattoria e rompe equilibri che sembravano consolidati. Tra i due adolescenti nasce uno strano rapporto di odio-amore, diffidenza e confidenza, un legame che il ragazzino chiamato in tono sarcastico “Leprotto” vive con sofferenza, sentendosi inadeguato. Di lui non si sa niente, da dove viene, di come sia sopravvissuto vagabondando nella foresta insieme a un cane selvatico, ma torna utile a Pa e a Klaus nelle loro sortite notturne. E Luce, stanca di rimanere a casa “ad aspettare il ritorno degli uomini” cerca di scardinare l’ordine costituito. Come le “Portatrici carniche” di Ilaria Tuti) che cento anni prima sfidavano salite impervie e crepacci per rifornire le trincee italiane ai confini con l’Austria così le contrabbandiere altoatesine, sfidando i medesimi rischi oltre che i pregiudizi maschili, trafficavano merci per sopravvivere.
La storia dei due ragazzi si complica e forse rivive forse no in un groviglio di sentimenti e risentimenti, di cose taciute anche a sé stessi, di lutti impossibili da elaborare, di sensi di colpa indelebili che nemmeno il tempo può sanare, e si ripete quella storia forse sì forse no nel presente, alla ricerca di un ragazzino scomparso, di cerve che vanno ad abbeverarsi alla sorgente rischiarata dalla luna.
Con una scrittura ricercata e descrizioni minuziose la scrittrice meranese Romina Casagrande ci riporta, come nel romanzo precedente, lungo i sentieri dell’anima, accompagnandoci per mano. E quando è troppo buio per vedere attraverso, basta farsi amica una volpe che conosce la strada e avanzare con coraggio, restando vivi in attesa dell’alba“.
I bambini del bosco di Romina CasagrandeGarzanti editore – 352 pag.

 

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COSTANZA FIRRAO

Nata a Bari nel 1953, è sposata e ha due figli. Vive a Milano dal 1990. Collabora negli anni ’90 alle pagine culturali di alcuni quotidiani locali ed è stata traduttrice dal francese per riviste bilingue. Ha curato vari siti e blog. E' appassionata di cinema e letteratura.

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