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IL POETA È IL GIOCO

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Lui, Vasco, finge di giocare, ride, scherza e sposta pedine, parole e burattini fra le righe. Non cascateci. Questa è roba seria, poesia vera, verissima. Poesia della più bell’acqua. Potente, ambigua, dolorosa e irridente. Ora ve lo spiego. Perché poesia non è alti sentimenti, passioni, gioie eterne o dolori atroci – la poesia non è mai autobiografia – non è mai espressione di noi stessi; è anche, molto poco e assai di rado, ispirazione, ma è meglio non farci troppo caso. La poesia è dio.
Poesia è parola – entrare nella parola, svolgerne gli intricati contorcimenti, svelarla, spalancarla, specchiarla. Ascoltandone attentamente gli echi, moltiplicandoli in noi poeti, perché poi entrino in voi lettori, si mettano in consonanza con ogni significato vi abbia mai sfiorati. La poesia è il Verbo, l’azione più divina un essere umano possa compiere – anche se gioca e scherza. E Vasco Mirandola lo fa, e sa di farlo, in piena coscienza. Per esempio:
“Uno fa la guardia
e tiene prigioniere le parole,
gli altri cercano di liberarle, ma devono stare attenti
perché se la guardia si arrabbia
tutti prendono parole”.
Oh sì, è il gioco di Liberi Tutti, dove ogni parola vuole dire tutto. E noi le si insegue, attenti a non farci prendere dalla guardia. Vasco spiega, giocando, nella poesia numero 73, “Per fare una poesia”, come si fa una poesia, poi, alla numero 80, vi spiega anche che “Il poeta è il gioco”. Mentre alla 79 gioca al dottore, con la terra malata. Ma si era già smascherato alla numero 10:
“Uno sale su un muretto
e si mette a ridere,
qualcuno di nascosto
da dietro
gli mette in tasca
quante più lacrime può”.
E il misterioso gioco del fare poesia è svelato. Quelle lacrime. Vi siete divertiti? Vi siete sorpresi a sorridere o addirittura a ridere? Niente paura, è che state vivendo una esperienza assoluta. Consiglio di comprarvelo tutti, al più presto, il magico tragico ilare libretto di Vasco Mirandola. Sono solo 100 poesie in gioco, nel libro che è lieve e minuto, che si può tenere in tasca per tirarlo fuori al bisogno, da soli o in compagnia. Costa solo 12 euro. L’editore ha un nome bellissimo e attraente, Campi Magnetici. Il testo contiene anche la soluzione del gioco, e le istruzioni per l’uso. Istruzioni per l’uso della poesia.
PS: il libro lo si può anche ordinare qui
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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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