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IO IL VIRUS

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Cari grossi e presuntuosi esseri umani, non siete voi, ma siamo noi virus la vera specie dominante del pianeta. Voi siete solo le nostre mucche, i nostri animali domestici, ci nutrite e ci moltiplicate dentro di voi, ci fate viaggiare per tutto il nostro (e non vostro) pianeta. Grazie alla vostra ospitalità, noi troviamo il caldo spazio per avvolgerci e rivolgerci nelle nostre continue mutazioni – per vibrare nelle nostre eternità – onnipotenti, onnipresenti, onnivori.
Ci chiamate virus, dal latino vīrus, ‘veleno’ – ma veleni non siamo: siamo entità biologiche con caratteristiche “parassite”, dite voi, perché ci replichiamo all’interno delle cellule di altri organismi. Ma non siamo parassiti: siamo i vostri padroni. Possiamo insediarci in tutti i tipi di forme di vita, dagli animali, alle piante, ai microrganismi (compresi batteri e archeobatteri) e anche altri virus. Siamo davvero molto plastici e adattabili! Noi virus ci troviamo in quasi tutti gli ecosistemi del pianeta che chiamate Terra e rappresentiamo l’entità biologica più abbondante in assoluto. Inchinatevi, sudditi, davanti alla nostra infinitesimale grandezza. Già. Perché siamo invisibili persino ai vostri microscopi ottici.
Possiamo fare di voi quel che ci pare: abitarvi innocui e silenti per decenni delle vostre vane vite, finché un tremolio del vostro sistema immunitario non vi mette in agitazione e ci facciamo sentire. Oppure possiamo ammazzarvi fra atroci dolori e terrificanti manifestazioni esteriori – e allora ci chiamate AIDS, Ebola, Dengue, Epatite con tante lettere A, B, C, D… eh sì, ce ne date di nomi. Certo, uccidendo i nostri armenti siamo costretti a spegnerci coi loro corpi – ma nel frattempo abbiamo vissuto la nostra gloria, il luna park di vomito e diarrea, lo splendore insanguinato delle vostre febbri emorragiche. E vi abbiamo fatto molto male. Vi sbaracchiamo economia e politica, cambiamo la vostra storia a nostro piacimento.
Quando voi umani sarete estinti, noi ci saremo ancora:
Firmato: Covid19 Coronavirus, the King.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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