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Costumi Sentimenti

La poltrona del nonno

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Quando visitava un mercatino di antiquariato, sentiva subito quell’aria di “vissuto” che trovava irresistibile.
Aveva un debole per le poltrone. Spiegava che quelle erano oggetti che, nel tempo, più di altri erano stati a
contatto con un corpo. Un’usura più accentuata poteva essere stata causata da un maggior peso sostenuto o da una postura particolare.
Si compiaceva di scoprire l’origine di macchie, di un caffè rovesciato o di un liquore, oppure i buchi di piccole braci di sigaretta, di sigaro, o di pipa. Gli piaceva immaginare se, a usarla di più, fosse stata una donna o un uomo. Gli bastava sedersi un poco per capire molto. Riusciva a farsi un’idea anche sullo stato della struttura. Mentre passava la mano sul velluto o il damasco sembrava accarezzasse qualcosa di vivo. Per lui erano oggetti in letargo, che sapeva come risvegliare.
Mentre cercava la maggiore empatia possibile da una poltrona, si avvicinava e le sussurrava: «Ti porto via, ti farò bella e ti metterò tra una Bergèr, una Duchesse e una Frau di pelle, vedrai ti troverai bene».
Contrattava il prezzo, senza esagerare, ormai considerava l’oggetto suo. Caricava l’acquisto sulla sua vecchia “R4” bianca, sistemava delle vecchie coperte a protezione e tornava verso casa; non velocemente o piano, quella macchina sapeva tenere un passo un po’ delicato e un po’ allegro.
Arrivato nel vecchio magazzino, che aveva adibito ad atelier, scaricava. Ce la faceva da solo, ma, se fosse stato necessario, Sandro, il suo vicino di casa, sarebbe stato contento di aiutarlo. Finito lo scarico, prendeva da un cassetto una polaroid e scattava una foto che appena asciugata sistemava con una puntina da disegno su un grande pannello.
Erano tutte lì, ognuna in una cornice disegnata da un pennarello rosso con data, zona di acquisto e stato al momento. Era come il registro delle nascite. Così a ognuna dava pure un nome. L’ultima l’aveva chiamata subito “non disturbare il nonno”.
Quando l’aveva provata gli era sembrato di riascoltare, nella penombra di una stanza amica, certe parole: «Camminare in punta di piedi non serve, ti ho sentito, briccone, ma tu continua a farlo che mi ricordi quando lo facevo pure io. Mi piace vedere che provi ad avere rispetto per quelli più grandi di te senza però rinunciare alle cose che ti piacciono fare, come andare in quella stanza a rovistare, anche a rischio di una sculacciata».
Il nonno ne occupava una simile dopo pranzo (alla controra), poggiava la testa su una tovaglietta di lino che copriva lo schienale (per non ombrare il tessuto della poltrona), e si addormentava alla fine del suo toscano.
Capitava che avesse voglia di rifugiarsi in quel bambino forte e felice che era stato, così si lasciava
cadere in quella poltrona e tentava, ogni volta, di sopportare, senza riuscirci, un mezzo toscano.

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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