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Società

La Signora Monti chiede un aiutino

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Care lettrici e cari lettori de La Rivista Intelligente,
Eccomi qui fra voi a cercare un dialogo che mi tolga da un imbarazzante problema di diplomazia femminile italo-francese. Avete letto la lettera di Cecilià? Ebbene, io non so come risponderle.
“Sono una problem solver” ho dichiarato spavalda al Signorino Chi, ma stamattina, svegliandomi, ho capito che mi serviva assolutamente un aiuto.
“Sono timida”, ho poi rivelato al Signorino Chi, mentre più che altro parlava lui, dandomi consigli non richiesti sulle tende, les cretonnes, le lampade e la pulitura dei cani di bronzo dei quali amo circondarmi per ricevere un po’ di sobrio affetto. Purtroppo non posso tenere qui a Palazzo Chigi nè un golden retriever nè un pastore dei Pirenei, ho solo la security che parla romanesco, mobili improbabili e una vena di malinconia.
Sono una donna che da sempre guarda L’Eredità in tv mentre aspetta di cenare alle 11 di sera con un marito calvinista e talora anche critico verso la sua soupe à l’oignon. Ecco la nuda e cruda verità. La retrovia è anche questo, penso stringendo i denti, ma mi manca la Scala, mi manca Milano, mi manca – tranne la gloria di mio marito – tutto.
Non voglio tediarvi, mi rendo conto che siete nei guai pure voi. Voi, per i quali essere esodati non vuol dire un esodo a Yale a fare gli assistenti di famosi professori, ma essere esclusi sia dal lavoro che dalla pensione. (Oh, Susanna. Mi è simpatica, vorrei avere per amica una donna concreta e spiccia come lei, invece di chiacchiere mediatiche col Signorino Chi, ma ovviamente I can’t). Poi, a far traboccare il vaso (orridamente cinese), è arrivata la missiva di Cecilià.
Il Signorino Chi mi vuol far compagnia, è un cavalier servente nato, si è già preso una gaia cotta per me, vuol consigliarmi sul look, rifarmi le tappezzerie, ma – comprendetemi – io non posso chiedergli di scrivere a Cecilià. Sarebbe troppo pungente, andremmo nei guai più di prima.
L’Entente Cordiale si spezzerebbe a causa della rielaborazione di un aforisma di Oscar Wilde? Non lo so, ma non voglio rischiare.
Per essere all’altezza della fierté di Cecilià dovrei anche sfoggiare il mio francese, parlato prima alle Marcelline poi a Bruxelles, ma sempre con timidezza…
Sono nei guai, care ragazze e ragazzi, e vi scrivo questa lettera non più sobria, non più ironica, solo spersa. Mi sento smarrita di fronte alla sicumera di Cecilià, che penso comunque felice con il suo nuovo marito e verso la quale non provo rancore, bensì una sottile ammirazione.
Ho bisogno che voi, come nell’Eredità televisiva, uno dei miei pochi momenti di svago, mi diate un aiutino.
Consigliatemi però con discrezione. Gli occhi internettiani di Palazzo Chigi e dell’Eliseo aleggiano anche qui, e la rumorosa macchina del web viaggia veloce oltre le mie tende, dove occhio di donna timida non sa, né vuole, guardare.
Con affetto sincero, a voi tutt*
Vostra Elsa

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