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Società

L’isola madre (una storia vera)

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Immagine di Flaminia Cavagnaro

Questa è una delle troppe, orribili storie che molte donne hanno da raccontare a chi ha l’umanità e la pazienza di ascoltarle. Per una volta ho fatto il medium (singolare di media), dando voce e forma scritta al racconto di un’amica che, come tante altre, ha vissuto un dramma che le ha cambiato la vita.

 

Quando i ricordi prendono il posto dei sogni, è segno che cominci ad invecchiare. Quando diventano incubi e qualcuno di essi torna, all’improvviso, dalla cantina in cui l’avevi chiuso a chiave, ti accorgi che il passato torna sempre, con lo stesso lancinante dolore.
A 18 anni hai in tasca speranze, allegria, incoscienza. E un diploma, con cui lasci l’isola madre, per trasferirti in città. La città! Tanto diversa dall’isola, dove tutti ti conoscono e tu conosci tutti. Cominci a frequentare l’università, dividi casa con le amiche, gestisci il tuo tempo, decidi quando studiare, che corsi seguire… FANTASTICO!!! E’ il taglio definitivo del cordone ombelicale. Ogni giorno che passa sei sempre meno figlia e sempre più persona libera! Cominci a far parte del mondo, fiduciosa che lui, il mondo, rispecchi il tuo modo di essere e viva con la tua stessa naturalezza, senza il minimo sospetto di un pericolo.
Un venerdì pomeriggio, un corso che non puoi fare a meno di seguire, le tue amiche che sono già tornate ognuna a casa propria, i traghetti sospesi a causa del maltempo. Non c’è problema, se non fosse che il tragitto dall’università a casa, da sola, con quel tempaccio proprio non ti va di farlo.
-Ragazzi, voi abitate di fronte casa mia, facciamo la strada insieme?
Che fortuna averli vicini di casa.
Bastardi.
A volte sembra una soluzione facile, a volte è il suo esatto contrario. A volte per una ragazza, una donna, è l’inizio di un dramma. Un’ora di orrore e la vita di prima non c’è più. E’ diventata un grumo di sensi di colpa, omissioni, ossessioni, bugie.
A casa, passi ore sotto la doccia, ma è un sollievo di breve durata. I corpi si possono lavare, curare, disinfettare. L’anima no. Puoi solo seppellire, sotterrare, nascondere.
Non ci vuole molto a far credere, in famiglia, di essere caduta dal motorino, per giustificare lividi e contusioni. Ma il lunedì è già qui, devi tornare a frequentare le lezioni. Una scusa, poi un’altra, non metti più piede fuori per un tempo che si allunga sempre di più, la tua camera è diventata il tuo rifugio, il cibo la tua unica ragione di vita.
Sai che non puoi continuare così e ti alleni, da sola, un passo dopo l’altro, per tornare in un mondo nel quale nessuno, assolutamente nessuno, potrà più farti del male.
Il primo risultato l’hai ottenuto, anche con una certa facilità: mettere su chili e chili ti ha messa al sicuro da qualsiasi interesse da parte dell’altro sesso.
Cominci ad uscire, ma solo di giorno. All’imbrunire scappi verso casa e ti senti al sicuro solo dopo aver chiuso la porta. Non può durare, questa situazione, tu vuoi essere libera, libera come prima. E’ la testa, che conta. Devi essere come un pit bull, attaccare prima che qualcuno attacchi te.
Per quanti anni è stata questa, la tua vita? Poi, lentamente, le cose sono migliorate, la sicurezza è tornata. Lo stare in guardia è rimasto, però. Perché non si sa mai, qualcuno che ti pugnala alle spalle può sempre venir fuori dal buio.
Con il tempo, sei riuscita a plasmare te stessa. Fino al giorno in cui tutto ciò che volevi nascondere viene fuori, senza neanche chiederti il permesso. Tua figlia ha la stessa tua età di allora e ha deciso di iscriversi all’università. Dovrà trasferirsi, lasciare l’isola madre. I ricordi tornano a ossessionarti giorno e notte, ma non puoi parlarne con nessuno. Hai tenuto dentro un segreto per anni ed anni, rivelarlo adesso significherebbe sconvolgere, distruggere equilibri che hai costruito con pazienza infinita.
E l’incubo ricomincia.

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