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Società

Renato, ti abbraccio

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Ci siamo conosciuti nel 1960, nel Circolo Universitario Comunista di Roma Abbiamo fatto insieme tutte le lotte – universitarie e non – degli anni ’60, con l’Unione Goliardica Italiana e con la Federazione Giovanile Comunista Italiana, compreso il ’68.
Per i più, Nicolini è il geniale, scanzonato inesauribile inventore dell’estate romana; interprete di una generazione – la nostra – convinta che tutto si dovesse provare a fare e che molto si sarebbe riusciti a fare; che non ha mai perduto la fiducia negli altri e in sé stessi, né la disponibilità a pensare “altro” “diverso” da quel che è e sembra immutabile.
Questo sono state le sue estati romane: la dimostrazione che si può pensare una città diversa, una notte diversa, una cultura diversa; e far scoprire, anche alle persone, che sono diverse e migliori di quello che loro stesse credono.
Ha sempre avuto quel tic, da quando eravamo ragazzi. Di qualunque cosa si parlasse, molto seria o frivola, veniva fuori la sua risata, accompagnata da quella automatica “strizzata d’occhio” sulla parte sinistra del viso. Con il tempo, questo ammiccamento si è accentuato; all’inizio quasi impercettibile, scherzoso, è diventato via via più netto, inquietante. L’ultima volta che ci siamo incontrati, pochi mesi fa, era molto evidente; perfino aggressivo, mi è venuto da pensare. Forse era il tracciato visibile del suo rapporto con la vita. Per me, Renato è stato fratello: come Sergio, suo “compagno d’armi” ad Architettura e mio fratello di sangue; che lo ha preceduto otto anni fa.

CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

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