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SHTISEL – TERZA STAGIONE

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SHTISEL - terza stagione

“Cosa ci fai lì come un rafano secco buttato sotto il banco di un verduraio?” dice il rabbino Shulem Shtisel a suo figlio Akiva per esortarlo a prendere una decisione. Solo una delle mille battute della terza serie di Shtisel che indaga all’interno di una comunità di ebrei ortodossi charedì. Impossibile raccontare tutte le storie, i personaggi che ruotano in questo microcosmo fuori dal tempo, in cui gli uomini girano con chippah, cernecchi e filatteri e le mogli con la parrucca di giorno e la retina in testa di notte. In cui internet e tutte le diavolerie annesse sono proibite, persino guidare una macchina per una donna è grave trasgressione. Un universo incomprensibile agli occhi dei “gentili” ma anche a quelli degli odiati sionisti, in cui la scelta della sposa passa attraverso cerimoniali bizantini e gli uomini stanno a dondolarsi da mane a sera con la Torah tra le mani. E, accanto al medio Evo, incredibili sprazzi di modernità come la possibilità per una coppia di far ricorso alla fecondazione eterologa.

Akiva Shtisel

Le contraddizioni in seno alla variegata famiglia Shtisel scoppiano, a ritmo continuo, tra padri e figli, mariti e mogli, tra fratelli, amici, conoscenti, fidanzati: a volte in modo plateale altre in modo subdolo – importante che non si sappia in giro. Alla fine li detesti ma li ami anche tutti questi personaggi, in ciascuna/o di loro c’è uno squarcio di poesia che arriva dentro come le luci di Gerusalemme a sera. E mangi con loro le aringhe a colazione e cheesecake a merenda, ridi piangi t’incazzi con quel Dio potente e misericordioso che spesso volta la testa dall’altra parte. Ci si perde negli occhi di lago di Akiva e in quelli scuri e enormi di Rushama, nipote di Shulem e figlia di Gitti, già protagonista di Unorthodox, si trasecola all’affermazione che Sholem Aleichem sarebbe uno scrittore “blasfemo” e ci si indigna davanti a certe meschinità subito riscattate da sorprendenti generosità. Dal finale si capisce che questa serie è al capolinea e verrebbe da piangere, nonostante la difficoltà di seguirla in lingua ebraica o yiddish coi sottotitoli, perché la avverti come qualcosa di prezioso a cui non si può rinunciare. Ma i personaggi e la loro ironia, poesia, saggezza, facondia e insopprimibile capacità di amare restano e resteranno a lungo in una nicchia privilegiata della memoria.

Shtisel – 3 stagioni – disponibile su Netflix
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COSTANZA FIRRAO

Nata a Bari nel 1953, è sposata e ha due figli. Vive a Milano dal 1990. Collabora negli anni ’90 alle pagine culturali di alcuni quotidiani locali ed è stata traduttrice dal francese per riviste bilingue. Ha curato vari siti e blog. E' appassionata di cinema e letteratura.

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