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Storia di una soldatessa

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Manuela Paris è una soldatessa. Lo è profondamente, totalmente, intimamente perché la vita militare l’ha tolta dal nulla nel quale sarebbe sprofondata. Le ha dato degli ideali, una patria, identità e amici. L’ha investita di un futuro, di una carriera. L’ha portata in Afghanistan e le ha dato durezza e coraggio. Poi booom. Un ragazzino si fa saltare in aria davanti alla scuola da inaugurare pochi giorni prima del loro rientro in Italia. Russo, Iodice e Zandonà, tre degli uomini al suo comando che sono anche i suoi più cari amici, perdono la vita. Lei si sfracella una gamba e ha schegge dappertutto. Nel corpo, nel cuore, nel cervello.
Manuela Paris è il personaggio intorno al quale si sviluppa lo straordinario romanzo di Melania Mazzucco, Limbo. Dove, intrecciando linguaggi, personaggi, storie, passato e presente, l’autrice ci da uno spaccato dell’Italia contemporanea com’è raro, molto raro incontrare. E dove i vari linguaggi sono resi senza mediazione né semplificazione.
La storia, dunque, è il ritorno di Manuela per le feste di Natale nella casa materna di Ladispoli, dopo il suo prolungato ricovero ospedaliero per curare le ferite del suo corpo e della sua mente: come si fa a non sentirsi responsabile della morte dei suoi soldati? Nella casa, ad attenderla ci sono la sorella Vanessa con sua figlia Alessia, sua madre Cinzia Colella, cameriera in un autogrill, e la nonna seguace dei testimoni di Geova. Abitano altrove invece Teodora Gogean che, con Tiberio Paris, padre ormai morto di Manuela e Vanessa, ha avuto il figlio Traian, che adora e mitizza la sua sorellastra. Ed è a Ladispoli che Manuela chiusa nei suoi dolori e nel suo carattere scontroso incontra e s’incuriosisce di Mattia, uomo che sembra non avere storia né futuro.
Di tutte queste persone, che tali sono più che personaggi, sapremo la vita, le passioni, le incertezze, i mutamenti, i desideri, le capacità, le difficoltà. Sapremo della loro paura di morire, del gusto del rischio, dell’adattamento alla vita, della coscienza e del dovere. Della fatica, dell’amicizia e dell’amore. Dell’amore difficile, com’è difficile l’amore ai nostri tempi. Di come fa una ragazza che per fare il soldato ha dimenticato il femminile, a ritrovare il suo modo, diverso e particolare, di essere donna. Di ritornare all’amore anche se il suo Amore non c’è.
Un romanzo quasi troppo perfetto che, intrecciando il passato (capitoli Homework) con il presente (capitoli Live) racconta la continuità della vita tra scelte e sopravvivenza. Una struttura che ha, forse, solo un difetto, cioè lo scrupolo a non lasciare fuori niente, a volte a raccontare troppo in queste oltre quattrocentosettanta intense pagine. Come ad esempio nelle lettere che Mattia le lascerà e nelle quali confessa chi è stato e chi non potrà più essere dove, proprio per dire tutto, la narrazione acquista un ritmo affrettato. Ma, con tutto ciò, Limbo è un romanzo a cui il superlativo bellissimo sta anche troppo stretto.

Melania G. Mazzucco, Limbo, Einaudi, 2012

 

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LIA MIGALE

è scrittrice ed economista. Tra le sue pubblicazioni non scientifiche i racconti In un altro luogo (1996) e il romanzo Malamore (2001) – entrambi per Empirìa – e La donna del diavolo (Voland 2009) e Piccola storia del femminismo in Italia (Empirìa 2016).

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