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PD al bivio E 5S non sono una scatola di Lego

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Ieri, 17 maggio, ho scritto questo tw: “Il contratto dimostra come la convergenza fra i cinquestelle e la Lega di Salvini sia ampia e fondata. E’, in questo senso, una cosa seria e dimostra che dal voto del 4 marzo non poteva nascere governo diverso. Spero che il PD cominci a discutere partendo da questo dato di fatto”.
Poco dopo è arrivato un tw da parte di Mario Ricciardi, professore di filosofia del diritto all’università Statale di Milano, dall’inizio di quest’anno succeduto a Michele Salvati nella direzione della prestigiosa rivista “Il Mulino”. Ecco il suo commento: “ A mio avviso dimostra invece che quella del M5S è una entità politica flebile, che cede nel confronto con chi ha idee (sbagliate ma) forti. Quindi lo spazio per una maggioranza diversa c’era. Ma il PD avrebbe dovuto rinunciare a sedersi sulla riva del fiume…”
A mia volta ho obiettato che “la lettura attenta del contratto rende evidente che nessuno dei punti era assente nella piattaforma elettorale del M5S”; ricevendo da Ricciardi questa replica: “La piattaforma del M5S è un insieme di idee che non sono tenute insieme da nessuna visione. Politiche articolate in modo rudimentale, senza principi. Alcune di queste possono essere declinate in modi che le rendono più accettabili dalla sinistra, molte altre dalla destra”
Il ping pong – nel quale è intervenuto anche Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni – è durato ancora un po’. Le ultime battute sono state:
Io: “Comunque, non mi sembra che M5S possa essere considerato una scatola vuota che un qualsivoglia alleato può riempire con il proprio materiale e le proprie idee”
Ricciardi: “Scatola vuota non è l’analogia giusta. Scatola di Lego mi sembra più adatta. Ci sono dei mattoni, che si possono assemblare in modi diversi. Lasciar fare il lavoro a Salvini non mi sembra una buona cosa”.
L’analogia con il Lego mi sembra sia peggio della mia “scatola vuota”. Così, infatti, il direttore de “Il Mulino” svaluta il M5S fino a farlo diventare fornitore di materiale grezzo cui solo un architetto esterno può dare forma e significato. Nello stesso tempo, finisce per far propria la autodefinizione grillina secondo cui, dentro quella scatola c’è di tutto, di centro, di destra e di sinistra; tutto ugualmente utilizzabile alla sola condizione che siano loro a farlo.
Scrivo dopo aver ascoltato Di Maio e Salvini che invitano i loro seguaci a pronunciarsi positivamente sul contratto; entrambi insistono sulla coerenza di quel documento con i rispettivi programmi. Diamo pure tutto lo spazio che vogliamo alla propaganda, ma l’insistenza non è affatto arbitraria; né per l’uno né per l’altro.
Non voglio, però, prolungare qui lo scambio di tw che ho avuto con Ricciardi. Mi interessa, invece, mettere in evidenza che, nonostante la concisione dei cinguettii (o forse grazie ad essa) in quello scambio emergono con chiarezza due interpretazioni molto difformi.
Da una parte io sostengo che il contratto di governo si fonda su convergenze da tempo ben leggibili nelle posizioni e nei comportamenti di M5S e Lega; a cominciare da quella, dirimente, che riguarda l’Europa. Il direttore de “Il Mulino, invece, spiega il tutto con la “influenzabilità” dei cinquestelle che hanno accettato un contratto da lui evidentemente considerato di stampo leghista, come avrebbero accettato un contratto di stampo PD se quest’ultimo avesse aperto una trattativa.
Da queste due letture derivano conseguenze e linee politiche anch’esse molto diverse.
Il dibattito, il confronto prossimo venturo – nel PD e non solo – si svilupperà sulla frontiera che divide queste due linee. Bisogna scegliere fra due strade strategicamente divergenti. E’, quindi, vitale fissare qui, subito, un punto di orientamento e di sostegno ben solido, indispensabile per qualunque passo ulteriore, sia sul terreno politico che su quello istituzionale, “nel Parlamento e nel Paese”, come si diceva una volta.
Sabato 18 maggio (domani, nel momento in cui scrivo) si riunisce l’Assemblea nazionale del PD. Mi auguro che non distolga lo sguardo da questo punto essenziale, ne discuta adeguatamente, e concluda con una posizione chiara. Buon lavoro.

Assemblea Nazionale PD Partito Democratico presso MICO Milano Congressi

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CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

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