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A singhiozzo, per colpa di Mangino

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Brioscia, oggi mi sono fermata a pag 34 del tuo libro. Devo sostare di continuo, per il dolore e per la nostalgia. Non ballerò mai più. Io che ero la danza. Non tanto il tango, che con il mio tenentino della regia imperial marina austroungarica accennavo ogni tanto – pochi passi ma di tutto cuore. Era parte del repertorio ma non protagonista. Ma come tu ben sai ogni ballo è il tango, e il tango contiene ogni altro ballo. Le tue parole mi attraversano come frecce di cristallo, dipingendomi il mio regno perduto.

Ho ballato decenni col mio principe goffo senza abbraccio, senza mani – ho ballato telepaticamente a occhi chiusi. E lui mi circondava e seguiva con i suoi movimenti sempre perfettamente a ritmo. Non era, non sarebbe mai stato, il più elegante e audace della pista, l’intrecciatore di esibite acrobazie. Ma non ha mai sbagliato un tempo. A occhi chiusi lo sapevo lo sentivo intorno a me, sorridere quando la mia danza era ironica, raccogliere le mie malinconie, esserne fiero. Io ballavo una musica coi piedi, una con le mani, una col viso: lui me le raccoglieva tutte come fosse stato il mio sacerdote. Ogni tanto, ieratica, mi fermavo. Sedevo, lasciavo che altre donne godessero del suo ritmo e della sua allegria. Io non ballavo con altri: o con lui o da sola. Sono severa.

Oh lo so che questo non è tango. Ma il tango è anche questo. Il corpo che conosce tutti i luoghi e movimenti, e disegna forme eterne nello spazio per un attimo. Il tuo tango mi strazia, perché anche tu vai terribilmente, assolutamente a tempo, come noi. Non perdi una sfumatura di ritmo.

Piano piano continuerò l’amoroso calvario della mia lettura, ballando con lacrime armoniose. E finirò il tuo libro, mia regina. Ma ti dovevo questa spiegazione per la mia lentezza.

La musica mi ha lasciata per sempre. Ma il ritmo continua ostinato a intrecciarsi dentro di me.

La ballerina sorda

PS. Poi il libro ho finito di leggerlo, ascoltando nel silenzio il Tango a Media Luz.  

“Lezioni di Tango” di Anna Mallamo, detta Mangino Brioches (edizioni Città del sole)

 

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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