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AUTOMATICAMENTE

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Quante volte e in che senso nel linguaggio quotidiano ricorre l’avverbio “automaticamente” ? La neo-lingua si arricchisce in modo costante di termini tratti dai media, dai linguaggi tecnici, dalla pubblicità. Ormai l’italiano – che è diventato lingua nazionale solo da una sessantina di anni – tende a impoverirsi diventando una specie di blob nel quale si incanalano i più diversi ‘dialetti’ del Contemporaneo. Delle 270.000 parole che secondo Tullio De Mauro abbiamo come italiani a disposizione ne usiamo in media 6.000. Ma non è solo questione di quantità. L’avverbio del titolo è come l’epitome del fiume carsico che alimenta la perversione del linguaggio contemporaneo. Che significato assume questo avverbio nel contesto del degrado che viviamo? Il linguaggio è per sua natura mediazione, relazione, dialogo, confronto attraverso i testi letterari, i giornali, nonché la televisione e la radio che hanno contribuito in modo decisivo al propagarsi della lingua nazionale. La ricchezza inesauribile della lingua italiana è prosperata per secoli in un paesaggio naturale/culturale nel quale prevalevano le comunità agricole e la letteratura attingeva a questo mondo unendo l’alto e il basso. Oggi la relazione col mezzo tecnico muta in modo radicale quel paesaggio, innanzitutto per i nativi digitali. Il linguaggio sembra andare così verso forme introvertite, in cui esso nasce, offerto com’è for dummies, dalle reti informatiche e/o dai media, cellulare in testa. In modo immediato e automatico, con un clic, si ottengono tutte le risposte, senza una vera ricerca, senza esperienza ad-ventura (ecco il trionfo esclusivo del presente..) lasciando il soggetto nella passività. La parola ci viene fornita automaticamente, e l’elaborazione dalla quale nasce non ha più storia. Così, mentre ad es. l’inglese è nato e si è sviluppato in modo potente e creativo attraverso gli usi linguistici dando forma a “modi di dire” che ne connotano la ricchezza e l’originalità, la neo-lingua attinge quotidianamente a un repertorio di formule prive di spessore storico, di ‘sapore’ (che sembra conservato invece dai dialetti). Del resto, e non a caso, neo-lingua è termine orwelliano. La società dello spettacolo ha connotati senza dubbio autoritari.

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ULDERICO POMARICI

Professore ordinario di filosofia del diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’ «Università della Campania Luigi Vanvitelli». Oltre alla pubblicazione di numerosi saggi di filosofia del diritto ha curato una traduzione di poesie scelte di Rainer Maria Rilke : I quattro Requiem e altre poesie. 1897-1926, Arte’m, 2016. Fra i suoi ultimi lavori pubblicati: Verso nuove forme dell’identità? Generazioni future e dignità umana in (a cura di F. Ciaramelli e F. Menga), La responsabilità per le generazioni future. Una sfida al diritto, all’etica e alla politica, Napoli, Editoriale Scientifica, 2017; L’eterna nostalgia del futuro. Su alcuni motivi genealogici dell’idea di rivoluzione è il titolo del suo ultimo saggio appena uscito per la rivista online «Etica & Politica». Collabora con l’associazione “A voce alta” dirigendo presso la libreria Laterza Agorà nel Teatro Bellini di Napoli gruppi di lettura annuali : nel 2017/18 il Faust I (Goethe) e nel 2018/19 La montagna magica (Th. Mann). Insieme a Rossana Valenti organizza da 5 anni un Cineforum nel Convento del suo quartiere Materdei grazie a una suora combattiva (ogni 20 giorni, la domenica pomeriggio dopo la partita del Napoli). Collabora infine con un gruppo di volontari nel carcere speciale di Secondigliano alla lettura di testi letterati e allestendo con i detenuti spettacoli teatrali negli ultimi due anni con la regia dello scrittore Andrej Longo.

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