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Costumi

C’è metallo e metallo

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Aveva cominciato ad appassionarsi intorno ai nove anni, con sua madre che la domenica mattina gli porgeva una banconota ripiegata e gli diceva: “Giova’, va’ a comprare mezzo chilo di costata”. Il macellaio era quello della piazza, aperto nonostante il giorno festivo perché in paese solo in pochi possedevano un frigo e anche una sola nottata fuori da esso sarebbe risultata fatale alla carne della domenica. La bottega, affollata per lo più di maschi adulti – le mogli erano già in cucina – vedeva ognuno tener conto del turno con la memoria visiva dei contadini, abituati a scrutare l’orizzonte e a riconoscerne le variabili fisionomie.
Giovanni, essendo un ragazzino, aveva la visuale del bancone solo quando toccava a lui. E a quel punto vedeva il macellaio staccare da una fila di ganci il pezzo adatto, scegliere con determinazione il coltello del caso e, mollato il pezzo sul tagliere di legno, apprestarsi all’opera: la lama, prima incrociata ripetutamente con lo spadino salvafilo, penetrava poi nell’oscillante ma consistente carne e la separava in larghe fette continue, costanti spessori ripetuti. Era un lavoro di coltello e di mano…mai che una fetta finisse più sottile rispetto all’inizio: la durezza affilata si apriva strada nella morbida polpa, riducendola inesorabilmente in porzioni con un rito che lui ammirava estatico. Quel che era iniziato come una commissione qualunque era diventata un piacere al pari di biglie e cerbottana. Ma continuò ben oltre quelle, ché la carne l’andava a comprare pur sempre lui anche da sposato, mentre le biglie e la cerbottana erano scomparse a ritroso con l’avanzare degli anni. Solo in tempi più recenti era stata posta in pericolo, tale passione, e per l’avvento delle affettatrici. Giovanni aveva cercato di opporsi: dapprima aveva scovato, l’uno dopo l’altro, i macellai fedeli agli antichi strumenti; poi aveva richiesto apertamente di essere servito con tagli manuali; infine si era arreso alla scarsa cortesia e alla dilagante “modernità” dei negozianti.
“È lo stesso, è lo stesso!” – intendevano rassicurarlo i macellai – “anzi, viene più regolare, il taglio!” e intanto sorridevano con aria di compatimento a quella fisima di vecchio. Giovanni finì con l’arrendersi: ritirava il suo involto e usciva lentamente, pensando però che se prima si divertiva a comprare la carne e adesso non più, non poteva essere “lo stesso” neanche se glielo avesse assicurato il notaio del paese. Figuriamoci un macellaio che usava l’affettatrice.

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