Le zucchine mi guardavano dal tavolo, tristi come una bionda lasciata da sola ad invecchiare. Capii che dovevo farne qualcosa. Le presi, le tagliai a listarelle con un vecchio coltello che aveva visto giorni migliori. Trovai una pentola e ci misi dell’olio e una cipolla. Sfrigolò, come se volesse dirmi qualcosa. Ma non avevo tempo per le sue chiacchiere. Aggiunsi alle zucchine del vino bianco e una spolverata di peperoncino. Cadde nell’olio senza un lamento.
Guardai la scansia: due pacchi di pasta erano lì, malinconici. Forza, Marlowe, prendine uno, mi dissi: per quanto vecchie, faranno sempre meno male di un colpo di revolver. Scelsi le penne, forse perché hanno un nome adatto a fare letteratura. Aspettai i dieci minuti di prammatica fumando una sigaretta. Poi grattugiai della scamorza stagionata. Con un movimento rapido, gettai la pasta nella padella delle zucchine, e subito aggiunsi la scamorza. Girai in fretta, perché non avessero tempo di capire cosa stesse succedendo loro. Non lo capirono. Sono stupide, le zucchine.
Le scodellai nel piatto fumanti, riempii un bicchiere di whiskey ghiacciato e, appoggiato allo stipite della finestra, guardai fuori, respirando l’odore acre della notte.