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Il tempo non si vede

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Immagine di Scalpel

Dicono che il tempo sia una dimensione dello spazio dentro il quale l’uomo vive, progredisce, muore.

Ma il tempo non si vede, non lo si può toccare: come il mare è trasparente, ci appare solo qualche volta, nelle nervature sofferenti delle foglie, nell’autunno della gente, nel declinare delle cose, è fatto di ingranaggi contrapposti e complicati, delicati meccanismi in divenire limitato, contingenze nostre, esistenziali.

Di quello che ci attende dopo, non sappiamo; forse un alfabeto che si ricompone in modo discontinuo, frammentato, quotidiano: la morte, la risurrezione, incidenti di un esercizio di memoria, legge necessaria della sofferenza umana, universale più della gravitazione.

Altrimenti, senza la speranza del mistero, senza l’illusione quotidiana della vita, contro la paura di morire non resterebbe altro che rotolare in fretta, sul crinale dell’assurdo, il granito indifferente, senza senso, del dolore.

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MASSIMO SALVADORI

Nasco a Modena, ma rivendico ascendenze liguri, toscane, venete. Trapiantato a Napoli, rimango uomo di pianura: il grido dei gabbiani è una sorpresa quotidiana che ad ogni giorno e notte si rinnova. Insegno filosofia in un liceo di frontiera, ma i confini, si sa, sono un’invenzione e la realtà riesce anche a superare metafisica e immaginazione. Scrivo quando le parole assomigliano a quel che sento e sono: a volte penso, a volte vivo, il più delle volte devo invece impegnarmi a sopravvivere. Dal 2015 collaboro a LRì, un’esperienza azzurra di amici, amiche e di parole.

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