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Polaroid del ricordo, Jonathan Coe

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Ho sempre pensato che di un libro resti un’immagine. Nel senso di una polaroid stampata nel cervello che ogni qualvolta pensiamo a quel libro è l’immagine che torna subito alla memoria. È l’immagine di una cucina in campus universitario chiuso per le feste pasquali, in cui Jonathan Coe fa rincontrare Robert e Sarah dopo alcuni anni. Siamo ne La casa del sonno, romanzo popolato da numerosi personaggi i quali, come sempre accade in Coe, a distanza di tempo e di spazio intersecano le loro esistenze. Nella medesima cucina, pochi anni prima erano amici, poi la vita dopo il college li ha smistati. Robert ha sempre amato Sarah e sapeva che lei amava le donne: è la ragione per cui ha iniziato una trasformazione in donna e, in questa cucina, luogo di tante nostalgie, sta per incontrarla da donna a donna. Sarah non sa che Robert ora è Cleo, si aspetta di rivedere finalmente Robert. Ma Cleo non vuole ancora esser vista, non vuole svelare subito ciò che è diventata per amore e si cela dietro una parete mentre cucina per Sarah. Le due si parlano dandosi, nell’impazienza di vedersi, informazioni concitate sul loro presente. Finché Sarah cita la futura suocera e il futuro marito. Cleo esce da una finestra e si inabissa.
Sono solo due dei personaggi che Coe incrocia e intreccia mirabilmente per mostrarci come errori banali ed equivoci insignificanti, incomprensioni e sogni possano rendere le esistenze inesorabilmente inesorabili. Ho letto questo libro nel ’98, durante i viaggi tra due città di mare, fra le pagine ho trovato biglietti del treno Venezia-Trieste. Allora non avevo creduto, o forse non ci avevo fatto caso, o forse davvero avevo fatto finta di non capire che Il linguaggio è un traditore, un agente segreto doppiogiochista che scivola inavvertito tra un confine e l’altro nel cuore della notte. È una pesante nevicata su un paese straniero, che nasconde le forme e i contorni della realtà sotto un manto di nebuloso biancore. È un biscotto allo zenzero che, lasciato a inzupparsi per troppo tempo nel tè dei nostri auspici, si sbriciola, si dissolve, diventa niente. È un continente perduto. 

 

Polaroid, Simone De Beauvoir

Polaroid, Janet Frame

Polaroid, Goliarda Sapienza

Polaroid, Jeanette Winterson

Polaroid, John Berger

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ANNA TOSCANO

Vive a Venezia, insegna presso l’Università Ca’ Foscari e collabora con altre facoltà. Scrive per testate, tra cui Il Sole24 Ore e Doppiozero. Sesta e ultima raccolta di poesie è Al buffet con la morte, La Vita Felice 2018, preceduta da Una telefonata di mattina, 2016, Doso la polvere, 2012; liriche, racconti e saggi sono rintracciabili in riviste e antologie; sua curatela di cataloghi e libri di poesie. Ha ideato e condotto la trasmissione radiofonica Virgole di poesia per Radio Ca’ Foscari e racconti sui suoi luoghi del cuore per Le Meraviglie di Rai Radio 3. Per la testata on-line La Rivista Intelligente cura Venerdì in versi. È stata editor per case editrici, lavorato come ufficio stampa; ha collaborato con varie scuole di scrittura e ha fondato “Lo Squero della parola”, laboratorio di scrittura. Come fotografa suoi scatti sono apparsi in riviste, manifesti, copertine di libri, mostre personali e collettive. Varie le esperienze teatrali, tra le quali “Voce di donna Voce di Goliarda Sapienza”. www.annatoscano.eu

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