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Parteggiamo!

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Una mattina ti svegli e ti accorgi che non hai mai partecipato a un party, loro partecipavano te. Metti qualcosa di rosso in valigia e parti. Se devi parteggiare per qualcuno, che sia per la persona giusta.
Jillian, Eva, Gary, Mike, Lea e tanti altri, un turbinio di nomi in testa, sono i miei compagni di gioco per questo mese. Persone che ti segnano la vita come un timbro di inchiostro indelebile. Tra un po’ forse scompariranno, mi resterà un marchio sulla pelle raggrinzita dal freddo.
Alcuni li vedo ogni giorno, alcune le ho abbracciate, con alcuni arranco, con altri volo, molti ridono sempre, ma tutti abbiamo freddo, chi dentro e chi fuori. Combatterlo è una ripartenza quotidiana e se mancano i vestiti provi ad accendere il cuore: il combustibile lo trovi nei pub, a qualunque angolo della città.
A Dublino tu sei quello il cui naso va in ferie, tossisci parlando e ti bardi come al Polo. Quelli in maglietta sono gli esseri transgenici, incomprensibili e spesso non amichevoli, sono il mio esame di fine corso. Poi, ci sono i Dubliners.
Dicembre è il mese dei party, come in Italia, ma essendo esterofilo sono migliori. Dalla seconda settimana di soggiorno, la mia definizione di party si è irrobustita. Partiamo da ieri sera: in cucina con una meravigliosa creatura parigina. Lei preparava crêpes, io le parlavo della mia città sul mare.
È un party piacevole, finisce con la pancia piena, impari il francese, collezioni ricette: la parte della nutella è mia. Per alcuni party non si parte, ti arrivano nel letto finché non sono finiti, vedi l’alba e sorridi al primo sonno. I più belli sono a tua insaputa, rientri a casa o inciampi in un pub, ci sei e fai la tua parte.
Vivo con sei ragazze, è un party continuo il bagno al mattino, rigorosamente in coda british style. Cedo il passo, sono un uomo. Entro nella doccia, raccolgo qualche loro capello umido e mi intenerisco: ricordi di gioventù. Avevo una chioma fluente, anche adesso stendo panni, ma non c’è mia sorella a farmi compagnia.
Percorro il fiume, Wellington Quay, se non scivolo attraverso il delizioso Ha’penny Bridge, proseguo su Backelors Walk, O’Connell street: lei è sempre li, con il suo impermeabile giallo. Una meraviglia di sorriso, mi saluta con gli occhi. Mi passa il giornale gratuito, vorrei fermarmi e parlare, ma è sempre indaffarata, siamo entrambi indaffarati. La inviterei a un party di parole. Io, lei e il giornale.
Il college è un party, ci divertiamo con ogni tipo di diavoleria, verbi, declinazioni, soggetti, avverbi e intonazioni, forzature e falsi amici. Muoviamo i tavoli, a volte si danza in coppia, altre è una quadriglia di parole.
I prossimi giorni saranno molto densi, party particolari, partenze di amici, meno freddo dentro e fuori, tanti ricordi e molta nostalgia. Estraneo sei tu che vedi estranei vicino a te. Il gelo umido avvicina, le case si dilatano. Faremo un party di party e saremo tutti particolarmente felici. Partyto per Dublino.

P.S. Neanche una goccia di Guinness è stata sacrificata per scrivere questo racconto.

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