Perfect day: non c’è pace dopo la guerra

Il piccolo Eldar Residovic e Benicio del Toro in una scena del film
È il 1995 e la guerra nei Balcani, grazie agli accordi di pace, sta finendo. Ma nessuno da quelle parti se n’è accorto. Un gruppo di soccorritori umanitari sta cercando di estrarre il cadavere di un uomo da un pozzo e se il corpo non verrà tirato fuori entro poche ore, l’acqua sarà irrimediabilmente inquinata e la popolazione locale rimarrà all’asciutto. Ma la corda con cui è stato imbrigliato il morto si spezza e occorrerà trovarne un’altra.
L’orrore è dappertutto: nella disperazione negli occhi dei sopravvissuti, nelle case sventrate, nei posti di blocco, nei carri armati che girano minacciosi per i paesi abbandonati, nell’abbaiare furioso del cane legato a una corda. Ecco, proprio quel pezzo di corda potrebbe servire… In un crescendo di situazioni rischiose e di intoppi assurdi, nascono, all’interno del gruppo, relazioni e complicità. La tensione si allenta nell’umorismo macabro di certi discorsi, nell’empatia dell’uno verso l’altra, nella tenerezza, di tutti, nei confronti del piccolo Nikola. E anche se i luoghi sono aspri e inospitali e il terreno indurito come il cuore degli uomini, nell’aria si percepisce, forse, un’epifania di pioggia e di speranza.
Perfect day di Fernando Léon de Aranoa (Spagna 2015)