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PICCOLE DONNE CRESCONO (le storie di OLIVA e dell’ARMINUTA)

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La copertina del libro

Può succedere che un libro appena finito e un film (tratto da un altro libro) appena visto, possano rimanerti dentro e quasi confondersi nella miscellanea di storie, atmosfere e personaggi.

In primo luogo ci sono le ragazzine. Oliva è secca, ha gli occhi scuri come due olive nere, si percepisce goffa e sgraziata, proprio brutta, specie se si paragona alla sorella alta e bionda e all’amica Liliana, che si veste senza costrizioni come le attrici che sbirciano di nascosto sulle riviste. Gli anni ’60 sono appena iniziati, ma nel paesino della Sicilia in cui è ambientata la vicenda, l’atmosfera è cupa e arretrata come ai tempi dell’Inquisizione: le donne sono buone solo a far figli, capo chino e occhi bassi, gonna sotto il ginocchio e guai a dar confidenza al maschio, anche solo con lo sguardo, perché poi “svergognata sei” e l’unica scorciatoia è il matrimonio riparatore. La femmina – non fa che ripetere la madre – è una brocca, chi la rompe se la piglia. Ma Oliva è diversa dalle altre compagne, a lei piace studiare, correre a “scattafiato” e a 15 anni ancora non ha avuto il “Marchese”. “Non lo preferisco” dice, stessa espressione usata da suo padre per tutto ciò che non gli va a genio, lui e Oliva preferiscono andare a sera nei boschi a raccogliere lumache da rivendere il giorno dopo al mercato.
L’Arminuta è una ragazzina senza nome, l’appellativo che le è stato affibbiato nel dialetto abruzzese significa: La ritornata. La tredicenne, minuta e con una massa di capelli rossi, il vestitino azzurro con il colletto bianco, si ritrova da un giorno all’altro catapultata dagli agi di una casa borghese del capoluogo alle miserie di un casolare di campagna. Riconsegnata come un pacco dalla famiglia adottiva a quella biologica, con malagrazia e senza spiegazioni. Siamo alla metà degli anni ’70 e le differenze socio-culturali sono profonde: l’ambiente in cui è calata la ragazza è un abisso di povertà e ignoranza, una madre piegata dalla fatica, un padre manesco, una nidiata di figli da sfamare di tutte le età cui si è aggiunta, suo malgrado, quella strana creatura dai modi raffinati. Solo grazie ad Adriana, la sorellina più giovane, ancora bambina eppure già abituata alle ristrettezze e al duro lavoro, che la accoglie con i suoi modi bruschi ma schietti, la ragazza dai capelli rossi riesce a sopravvivere in quella nuova dimensione.

Oliva Denaro” è il romanzo di Viola Ardone (Napoli – 1974), già autrice di “Il treno dei bambini” e la storia che mette in scena prende spunto da quella di Franca Viola, prima donna che rifiutò il matrimonio riparatore dopo essere stata rapita e violentata dal suo pretendente, anche se la Ardone quasi con pudore non la cita mai.
L’Arminuta” è il film di Giuseppe Bonito (anche lui classe ’74), tratto dal romanzo di Donatella Di Pietrantonio, che nel 2017 vinse il Campiello.
La storia di due ragazzine che con dolore e determinazione portano avanti le loro battaglie: Oliva, quella contro il suo aggressore e la mentalità retrograda del paese. L’Arminuta che riscatta l’abbandono da parte dei genitori adottivi con l’ostinazione a emergere negli studi, guadagnando il rispetto e la fiducia di quelli biologici, che pur nell’abisso di povertà e ignoranza in cui sono costretti a campare, diventano fieri di quella figlia “restituita”. Due vicende dense di silenzi, di parole non dette, di sguardi feriti che però riescono a guardare oltre. Oltre se stesse e oltre il loro tempo.
Oliva Denaro – di Viola Ardone – Einaudi Ed.
L’Arminuta – regia di Giuseppe Bonito – Italia 2021
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COSTANZA FIRRAO

Nata a Bari nel 1953, è sposata e ha due figli. Vive a Milano dal 1990. Collabora negli anni ’90 alle pagine culturali di alcuni quotidiani locali ed è stata traduttrice dal francese per riviste bilingue. Ha curato vari siti e blog. E' appassionata di cinema e letteratura.

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