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Ritorno in America

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Proteste all'aeroporto JFK di New York

Il cielo di Roma è sempre quello che ti incanta. Nonostante i modi sgarbati degli addetti ai controlli. Saranno infastiditi dalla sconfitta della Roma. Amo Roma. La sua bellezza è davvero immortale. Mi dirigo, tuttavia, attirata come da una calamita, verso il bar con il nome di una marca di caffè che per me è Napoli. Ho imparato, in quasi un decennio da emigrante, che si fanno cose senza senso, anche vagamente patetiche ma che non bisogna rimproverarsi. Il dolore che sento nelle prime ore di separazione da questa mia altra terra è sempre lacerante. La mancanza di Napoli, poi, sarà sempre come la mancanza di mia madre o del grande amore della mia vita: la carnalità della vita stessa.

Torno a New York e, per la prima volta, non trovo ad attendermi le foto di Barack Obama e Joe Biden. Nei pochi giorni che sono rimasta in Italia, la nuova amministrazione guidata da Donald Trump ha scosso il paese in maniera sconvolgente. Si era preparati. Ma non si è mai preparati abbastanza, soprattutto dopo otto anni di presidenza illuminata e ispirata alla pace e alla diplomazia e all’accoglienza, ad accettare liste di proscrizione, divieti basati sulla religione, negazione della solidarietà verso i migranti in un paese che deve tutta – e sottolineo tutta – la sua grandezza e la sua fortuna, proprio ai migranti.
Gli aeroporti sono scossi da proteste. L’ACLU, l’associazione a difesa dei diritti civili, sta facendo un lavoro enorme ed eroico per arginare e poi bloccare gli effetti incivili delle decisioni presidenziali. La guerra ai musulmani, dichiarata da Donald Trump, è una guerra che ha trovato più resistenza di quanta il presidente potesse o volesse immaginare. In fondo, lui ha più volte mostrato di conoscere benissimo una parte dell’America. Ma solo una. La meno patriottica. La meno orgogliosa. La più ignorante. Quella la conosce bene tanto da aver vinto. L’altra America, quella che è andata avanti con Rosa Parks, Martin Luther King, JFK fino a Barack Obama, lui la conosce poco e, soprattutto, sbagliando, la deride.
Quell’America si sta unendo e sta mostrando una capacita di unità, di resistenza e di solidarietà che sorprende persino me che questo paese lo amo profondamente.
La resistenza genera progresso. Sempre. E questo Donald Trump non può saperlo. Lui non ha mai dovuto conquistare nulla. O mai nulla seguendo le regole. La Costituzione però è cara agli Americani e lo dimostra il fatto che un eroe di guerra, repubblicano storico, come John McCain si sta rivoltando, con pochi altri, contro il suo presidente. Sottovaluta, Trump. Sottovaluta che la resistenza è paziente.
E che sarà difficile credere ai suoi “inni alla vita” concretizzati in una guerra senza confini contro i diritti delle donne alla contraccezione e all’aborto se poi, ogni sua azione, è un attacco deliberato e crudele all’umanità.

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ANGELA VITALIANO

In un giorno di giugno, mentre sua madre stava per lasciare l’ospedale perché “non era ancora tempo”, decise di nascere e, solo per questione di minuti, non lo fece in ascensore, dimostrando subito che sarebbe diventata una gran rompiscatole. Dopo 18 anni a Salerno, si trasferisce a Napoli per frequentare l’Istituto Universitario Orientale, dove si laurea “con lode”. Con la città e’ amore a prima vista ma anche a seconda e terza. E’ quella, infatti, la città che mette in valigia nel 2007 quando, in maniera folle e sconsiderata, si trasferisce a New York per portare a termine un progetto ambizioso: ritrovare la felicita’. Attivita’ nella quale e’ ancora impegnata a tempo pieno. Felicemente. Giornalista di “inchiostro” e “immagini” e’ grata per l’ospitalità al Mattino di Napoli, all’Espresso, alla Rai, a Gioia, a Grazia e all’Huffington Post USA (in inglese). Ha pubblicato 4 racconti in diverse antologie di autori. E’ sicura che un giorno intervisterà Michelle Obama.

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