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LA NUDA VITA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

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Uno dei principí fondamentali della nostra Carta costituzionale, contenuto nel primo comma dell’art.. 32, dichiara che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. E l’aggettivo fondamentale non è di poco peso, visto che ricorre lungo l’intero testo solo in questa occasione. Ora, con tre interventi pubblicati sul sito di Quodlibet, il filosofo Giorgio Agamben, mentre l’Italia segue il drammatico decorso dell’epidemia di Coronavirus, ne teorizza la natura politica con una chiamata di correità a tutta la popolazione italiana. La sua tesi è chiarissima: “gli italiani sono disposti a sacrificare praticamente tutto, le condizioni normali di vita, i rapporti sociali, il lavoro, perfino le amicizie, gli affetti e le convinzioni religiose e politiche al pericolo di ammalarsi. “La nuda vita – e la paura di perderla – non è qualcosa che unisce gli uomini, ma li acceca e separa”. Una provocazione dadaista? Un’ovvietà? É evidente che nelle situazioni ‘normali’ la nuda vita, la vita al suo grado zero, sia solo conditio sine qua non dell’esistenza e non certo conditio per quam, fine al quale tendere. Tuttavia, quando ne va della vita, è semplice istinto di conservazione (ché noi siamo anche animali) difenderla contro tutto e contro tutti, come nell’esempio classico che fa Kant dei due naufraghi attaccati a un solo asse di legno: nel caso di eccezione è lecito salvarsi la vita anche a danno di un altro. Non c’è giudice, afferma Kant, per un reato del genere. La nuda vita diventa il male solo se la si assume nella propria esistenza come fine a se stessa. Nel caso di eccezione questo è invece giustificabile. Quando la vita sociale è sospesa per necessità e regredisce alla sua essenza, che è biologica, come in questa epidemia, la nuda vita diventa provvisoriamente una conditio per quam solo perché c’è la minaccia concretissima di poterla perdere.

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ULDERICO POMARICI

Professore ordinario di filosofia del diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’ «Università della Campania Luigi Vanvitelli». Oltre alla pubblicazione di numerosi saggi di filosofia del diritto ha curato una traduzione di poesie scelte di Rainer Maria Rilke : I quattro Requiem e altre poesie. 1897-1926, Arte’m, 2016. Fra i suoi ultimi lavori pubblicati: Verso nuove forme dell’identità? Generazioni future e dignità umana in (a cura di F. Ciaramelli e F. Menga), La responsabilità per le generazioni future. Una sfida al diritto, all’etica e alla politica, Napoli, Editoriale Scientifica, 2017; L’eterna nostalgia del futuro. Su alcuni motivi genealogici dell’idea di rivoluzione è il titolo del suo ultimo saggio appena uscito per la rivista online «Etica & Politica». Collabora con l’associazione “A voce alta” dirigendo presso la libreria Laterza Agorà nel Teatro Bellini di Napoli gruppi di lettura annuali : nel 2017/18 il Faust I (Goethe) e nel 2018/19 La montagna magica (Th. Mann). Insieme a Rossana Valenti organizza da 5 anni un Cineforum nel Convento del suo quartiere Materdei grazie a una suora combattiva (ogni 20 giorni, la domenica pomeriggio dopo la partita del Napoli). Collabora infine con un gruppo di volontari nel carcere speciale di Secondigliano alla lettura di testi letterati e allestendo con i detenuti spettacoli teatrali negli ultimi due anni con la regia dello scrittore Andrej Longo.

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